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Primo grado / Calolziocorte

Omicidio di Temù: ergastolo per Mirto Milani

Massima pena per il calolziese di 29 anni, condannato per l'omicidio di Laura Ziliani

Ergastolo per Mirto Milani, Paola e Silvia Zani. La Corte d'Assise di Brescia ha comminato il massimo della pena per il 29enne calolziese, cresciuto tra Olginate e Calolziocorte ma residente da tempo a Roncola San Bernardo (Bergamo): lui e le due sorelle, figlie della vittima di 21 e 29 anni, sono accusati dell'omicidio della vigilessa Laura Ziliani, assassinata l'8 maggio 2021 a Temù e ritrovata dopo lunghe ricerche il 9 agosto del medesimo anno in Alta Valle Camonica, tra la pista ciclabile e il greto del fiume Oglio.

La camera di consiglio dei giudici è iniziata alle 13.23, mentre la sentenza di primo grado è stata letta dal presidente Roberto Spanò alle 16.20.

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Le indagini

Gli inquirenti erano arrivati a loro dopo mesi e mesi di indagini. L'ex agente di polizia locale di Temù, che da qualche tempo risiedeva a Roncadelle, era scomparsa l'8 maggio del 2021, ma il suo corpo senza vita venne trovato tempo dopo, ad agosto, quando una piena del fiume Oglio lo ha dissepolto dall'argine dov'era stato sotterrato. A trovarlo è stato un bambino di meno di 10 anni: stava passeggiando insieme al padre, con il suo cane, quando si è avvicinato al luogo dove la donna giaceva da tre mesi.

L'omicidio 

Secondo la ricostruzione dell'accusa, sulla base anche di rilievi medici, la donna (probabilmente già morta il giorno della sua scomparsa) sarebbe stata prima stordita con del benzodiazepine iniettato in alcuni muffin e poi soffocata.

Laura Ziliani è stata sepolta viva?

Un'ipotesi parzialmente esclusa dalla perizia del medico legale Andrea Verzelletti, citato dal pm Caty Bressanelli durante il processo: “Avremmo dovuto trovare del terriccio nei polmoni. Ma è pur vero che se la respirazione della donna fosse stata fortemente compromessa non l’avremmo trovato. Le contrazioni muscolari in caso di morte si esauriscono subito. Fossero proseguite, avrebbero indicato che Laura era in vita”.

Il sospetto sarebbe nato da alcune confessioni di Milani a un compagno di cella, poi ritrattate. Il 29enne avrebbe raccontato i concitati momenti del delitto, con Laura Ziliani che veniva soffocata con un sacchetto di plastica, stretto con un cavo elettrico: Silvia e il fidanzato le stringevano le mani al collo, mentre Paola la teneva ferma. Secondo il resoconto fatto agli inquirenti, Milani si sarebbe sorpreso della "resistenza" della donna. Richiamato per una seconda deposizione, il compagno di cella di Milano ha confermato: “Aveva il dubbio che fosse viva, chiedeva anche a me un parere”.

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Secondo i consulenti di parte civile Fabio Scarpari e Rossella Gottardi, i movimenti sussultori sono “compatibili con la morte cerebrale, e il decesso non avviene in un istante. In caso di asfissia la morte subentra in 4-10 minuti”. “Stabilire giorno e ora precisa della morte è impossibile - hanno aggiunto - Laura fu vista viva l’ultima volta la sera del 7 maggio, collochiamo il decesso la notte tra il 7 e l’8, e l’inumazione a ridosso della scomparsa. Riteniamo sia rimasta vittima di un’asfissia meccanica. Il sacchetto di plastica è lo strumento più compatibile”.

“Hanno provato a sbloccare il conto”

Un altro testimone ascoltato a suo tempo in aula, un’operatrice del Caf di Lecco, ha invece raccontato di una strana telefonata arrivata dopo la scomparsa di Laura Ziliani: “Mi chiamò una donna dicendomi di essere la mamma del fidanzato di una ragazza la cui madre era scomparsa nei giorni precedenti, a Temù, nel Bresciano”. Una richiesta che ha acceso subito il campanello d'allarme dell'operatrice: “Le ho detto che per effettuare l'operazione era necessario l'accertamento del decesso. Dopo un po' di insistenza le ho consigliato di rivolgersi a un avvocato”.

Un'altra testimonianza che ha contribuito ad aggravare la posizione di Mirto Milani è stata quella della vicina di casa di Laura Ziliani: “I genitori di Mirto si erano accasati nell’appartamento di Laura: avevano portato in casa giacche e vestiti, hanno cambiato anche le tende. E una settimana dopo, quando i ragazzi sono scesi in città, ci sono rimasti da soli”. 

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