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Lecco celebra il patrono San Nicolò

Il 6 dicembre, nel capoluogo lariano, si ripete la tradizione delle mele rosse

Oggi, 6 dicembre, a Lecco si celebra San Nicolò, vescovo turco patrono della città.

Una scelta, forse, insolita, quella di un Santo molto popolare tra la gente di mare, ma legata - da centinaia di anni - alla storia di Lecco, nato come piccolo borgo lacustre, abitato da pescatori, barcaioli, marinai di acqua dolce. A lui è dedicata la grande Basilica del centro, dov'è conservata la Manna di San Nicolò (liquido nel quale galleggiavano le spoglie del santo quando i marinai baresi trovarono la sua tomba), così com'è celebre la statua che lo raffigura, posizionata nella zona della Punta Maddalena e donata dai parrocchiani della Basilica al prevosto Monsignor Giovanni Borsieri nell'anno in cui celebrava il venticinquesimo di presenza pastorale in città (1955). La statua è stata poi restaurata nel novembre 2013 dal maestro Giacomo Luzzana di Civate.

Lecco: Festa di San Nicolò 2021

La leggenda delle tre mele

Una scelta che è rimasta nei secoli, legandosi - anche - alla tradizione delle mele.

La leggenda vuole che San Nicolò, un giorno, incontrò tre bambini poveri, senza nulla da mangiare, e, quindi, donò loro tutto ciò che possedeva: tre mele, che - durante la notte - diventarono d'oro. Il miracolo del vescovo di Myra si ricorda, così, ogni anno, con la consegna di una mela "vestita" da San Nicolò ai bimbi buoni.

La tradizione riporta anche una filastrocca cantata in questo giorno, che dice: «San Nicolò (6 Dicembre) porta le mele, Sant'Ambrogio (7 Dicembre) le cuoce, la Madonna (l'Immacolata 8 Dicembre) le sbuccia e il Bambino le mangia (Natale)», generalmente recitata in dialetto:

San Nicolò èl porta i pòmm (6)
Sant’Ambrӧs i à fa cӧss (7)
la Madona i à pelà (8)
èl Bambin i à maìà (25)

San Nicolò: la sua storia

San Nicola nasce in Asia Minore, nella zona dell’attuale Turchia, a metà del terzo secolo dopo la nascita di Cristo. Rimasto orfano in tenera età, devolse l'eredità in opere di bene; non solo, perchè una notte regalò una manciata di monete d'oro alle tre promesse spose del padre, salvandole così da una vita di stenti. La voce del gesto passo di bocca in bocca e si diffuse in tutta la sua città.

Nominato Vescovo di Myra all'inizio del 300 d.C. per puro caso (fu il primo a varcare la porta della domus ecclesiae, abitazione aristocratica romana, scelta come location per l'elezione del nuovo vescovo), venne perseguitato dagli uomini dell'Imperatore Diocleziano, acerrimo nemico dei cristiani, incarcerato e torturato. La nomina di Costantino, dalla mentalità decisamente più liberale verso la religione cristiana, e del noto editto (che causò lo Scisma d'Oriente) consentì al vescovo Nicola di professare la sua fede sino alla morte, avvenuta intorno al 355 d.C.

L'arrivo a Bari

Le spoglie, tumulate nella Cattedrale di Myra, vennero recuperate dalle mani dei saraceni intorno nell'anno 1087. Portate a Bari, sono lì custodite da quasi mille anni. Altre ossa, invece, sono attualmente conservate all'interno della Chiesa di San Nicolò Lido, a Venezia.

Il Santo, conosciuto anche come San Nicola di Bari o San Nicola di Myra, ha dato anche vita alla leggenda di Santa Klaus: si, esatto, Babbo Natale.

San Nicolò e le mele a Lecco

La figura di San Nicolò, ovvero San Nicola come si dice più comunemente, è tra le più importanti e anche tra le più complesse di tutta la storia della Cristianità. Non perché la vita e le opere di San Nicola siano state di difficile interpretazione e comprensione; anzi: è stata proprio la limpida coerenza delle sue azioni a farne il santo più stimato e amato, ancor prima che venerato, fatta eccezione, come è naturale, per quelli della cerchia di Gesù Cristo.

A Lecco sono tre le immagini di San Nicola visibili a tutti:

la statua di bronzo nel lago alla punta della Maddalena, la statua in legno in una cappella di sinistra all’interno della Basilica e, nella stessa chiesa, il grande affresco che raffigura il santo al Concilio di Nicea dell’anno 325.

A guardarle attentamente, queste tre raffigurazioni fanno nascere delle domande.

Perché San Nicola è posto nel lago? Chi è il bambino nudo che spunta da un mastello di legno ai piedi del santo nella statua della Basilica e cosa rappresentano le tre sfere d’oro, o dorate, posate accanto? Perché, nell’affresco del concilio di Nicea, San Nicola tiene in mano un mattone che sta prendendo fuoco?

E poi, la domanda più impegnativa: perché un santo vescovo, vissuto tra il III e il IV secolo in Asia Minore, la costa occidentale dell’attuale Turchia, è il patrono di Lecco?

Per avvicinarsi alle risposte di queste domande conviene descrivere cosa rappresentano le tre sfere d’oro, che sono, da sempre, l’attributo iconografico di San Nicola, come le frecce per San Sebastiano o il vasetto dell’unguento per la Maddalena.

Nella città di Patara, sulla costa che si affaccia alla Grecia dell’attuale Turchia, dove era nato intorno al 260, Nicola, ancor giovane e certo ricco di famiglia, veniva a sapere che un vicino di casa, andato in rovina, non poteva dare la dote matrimoniale alle sue tre giovani figlie.

Di nascosto, Nicola lega in un panno una somma di monete d’oro e le getta nella casa delle fanciulle attraverso la finestra. Il padre, stupito e commosso, assegna le monete in dote alla prima delle figlie, che si sposa.

Così per la seconda: altro sacchetto di monete e altro matrimonio.

A questo punto il padre immagina l’arrivo del terzo sacchetto e sta di guardia.

Quando Nicola lo lancia, il padre esce di casa, si profonde in ringraziamenti, si commuove, si inginocchia. Nicola gli fa promettere di non rivelare a nessuno di essere lui il benefattore.

Quel padre di sicuro non mantenne la promessa: tutti sanno che San Nicola porta i doni e l’episodio descrive bene come il santo voglia, attraverso la carità cristiana, promuovere la giustizia sociale. Le sfere d’oro sono i tre sacchetti di monete.

Anche Dante, nel XX canto del Purgatorio, dice di Ugo Capeto, re di Francia, collocato nella cornice degli avari:

“Esso parlava ancor de la larghezza che fece Niccolò a le pulcelle,
per condurre ad onor lor giovinezza”.

Le mele di San Nicolò simboleggiano quei sacchetti di monete, anzi: già in raffigurazioni di ambiente olandese del XVII secolo della “notte di San Nicola”, si vede che i bambini capricciosi ricevono rametti di legno, mentre quelli buoni hanno giocattoli o mele con una moneta infilata.

Che Nicola fosse destinato a una vita santa e a grandi imprese doveva sapersi fin dalla sua prima infanzia: ancora in fasce rifiutava di allattarsi al seno della madre il mercoledì e il venerdì, per penitenza, e, appena nato, quando fu lavato in un catino da una domestica, si alzò in piedi allargando le braccia per onorare Dio.

Nelle raffigurazioni medievali e rinascimentali di questo piccolo grande miracolo c’è un risvolto comico, sempre ripreso: la domestica sviene per l’emozione.

Il bambino nel catino ai piedi di San Nicola nella Basilica di Lecco è il santo stesso. Gli autori, gli artigiani del laboratorio milanese Rozzi e Speluzzi, che l’hanno scolpito nel 1912, non hanno potuto dare spazio alla domestica svenuta.

Dalla città dove era nato, Patara, Nicola, verso la fine del terzo secolo si trasferisce a Mira, città di mare, importante come scalo commerciale e militare.

In un anno intorno al 300, muore il vescovo; la scelta del successore è contrastata all’interno dell’assemblea di vescovi e sacerdoti. Uno di questi vescovi riceve da Dio la rivelazione che doveva essere eletto il primo che fosse entrato in chiesa il giorno successivo e che il nome del predestinato era Nicola. La tradizione, o la leggenda, dice che così si svolsero i fatti e che Nicola divenne vescovo senza essere stato sacerdote, proprio come Sant’Ambrogio a Milano, poco più di settant’anni dopo.

Il porto di Mira era un’importante scalo sulla via navale per Antiochia e per tutto l’Oriente, tanto che l’imperatore Adriano vi aveva fatto costruire un imponente granaio.

Sono molti gli interventi di San Nicola per sedare contrasti, impedire soprusi, rimediare a carestie: agisce sempre in nome della giustizia sociale e della dignità umana, talvolta in aiuto delle autorità civili, spesso in contrasto con loro, perché la sua azione è indirizzata alla carità non casuale o episodica, ma eretta a sistema.

E’ protettore intraprendente dei naviganti e dei commercianti, che lo venerano e si rivolgono a lui nei momenti di difficoltà. I marinai invocano San Nicola per evitare il naufragio. San Nicola assume, in ambiente cristiano, i poteri divini di Poseidone-Nettuno.

La statua, realizzata dallo scultore meratese Giuseppe Mozzanica nel 1955, è stata posta nelle acque del lago per questo motivo: protegge i naviganti e calma le tempeste.

Questi poteri di san Nicola già suggeriscono il motivo della dedicazione della chiesa che si trova su un poggio sopra l’attuale piazza Cermenati, il porto commerciale di Lecco, già in epoca medievale.

Ma quella piazza, come si sa, era anche piazza del mercato. San Nicola protegge anche i commercianti: l’origine di questa tradizione sta in un’azione, presentata come miracolosa, ma che ha più le caratteristiche di una trattativa finanziaria.

Mira era una città commerciale, sottoposta alle tasse da pagare all’inviato dell’imperatore, che pretendeva, anche nel periodo di carestia dell’inizio del 300, la somma di diecimila denari all’anno dalla città. I commercianti si rivolgono a Nicola perché invii una supplica a Costantino imperatore. Nicola fa molto di più: si mette in viaggio per Bisanzio-Costantinopoli. Ricevuto dall’imperatore, gli espose la situazione:

l’eccesso di tasse avrebbe ridotto alla miseria e alla morte il popolo. Costantino chiede a Nicola quale ritenga essere la giusta imposta. Nicola senza esitazione risponde: “Cento denari”. L’imperatore acconsente.

Tutti capiscono che chi riesce a ottenere una riduzione delle tasse del 99% diventa patrono dei commercianti.

Infine: San Nicola al Concilio di Nicea con un mattone in mano.

Il Concilio, convocato e presieduto da Costantino imperatore, nel 325, nella città di Nicea non distante da Bisanzio, doveva decidere sulla data certa della Pasqua in tutto l’Impero e porre fine alle discordie sulla natura della Trinità. Quest’ultima è una controversia che dura dai primi secoli fino al termine del Medioevo.

Il sacerdote Ario di Alessandria d’Egitto sosteneva che solo il Padre è veramente Dio, mentre il Figlio non è eterno, è nato nel tempo: prima di essere creato dal Padre non esisteva; è l’”eresia ariana”.

La reazione di San Nicola a queste affermazioni è descritta in due episodi davvero leggendari. Il primo: Nicola, sentito Ario bestemmiare contro il dogma della Trinità, si alza, lo raggiunge e gli assesta un forte schiaffo. Il secondo consiste in un miracolo, che pare un gioco di prestigio: preso in mano un mattone, Nicola spiega che a comporlo sono terra, acqua e fuoco, ma questo non contraddice il fatto che il mattone esiste come mattone. Lo stesso per Padre, Figlio e Spirito Santo, fusi nella Trinità. Intanto dal mattone sprizza una fiamma, cola dell’acqua e, in mano al santo, rimane la terra cruda.

La raffigurazione di Luigi Morgari, affresco del 1925, comprende anche l’imperatore Costantino in trono e un diavolo, l’eresia di Ario, che compie una capriola all’indietro precipitando certamente verso l’Inferno. E’ schiantato dalla ragione di Nicola e, magari, anche dal suo schiaffo.

Come si vede, a parte il gioco di prestigio del mattone, nessun miracolo, ma solo una meravigliosa disposizione alla carità, al dono disinteressato, a promuovere la giustizia sociale.

Sono invece considerati miracolosi gli interventi del santo, in vita e nei secoli successivi alla sua morte, per salvare navi e equipaggi da naufragi e mari in tempesta.

La data in cui ricorre la festa di un santo è, di norma, quella della sua morte: il giorno in cui è nato al Paradiso, come si dice. Il 6 dicembre, San Nicola, è tuttora il giorno in cui si stabilisce, nel Mediterraneo, dal punto di vista climatico, l’inizio dell’inverno: la stagione più pericolosa per i naviganti. Questo accostamento di San Nicola come il santo che preserva dalle insidie dell’inverno, nei secoli, ha determinato la sua fortuna presso i popoli del nord.

Così, dal mar Egeo ci si muove verso nord, ma le renne sono ancora lontane: Occorre far tappa a Bari, prima di avviarsi verso i ghiacci.

Nell’undicesimo secolo la venerazione di Nicola presso i naviganti era così grande che una discreta potenza marinara come Bari poteva concepire il piano per rubare le spoglie di Nicola, sepolte nella chiesa del monastero dedicato a lui al porto di Myra. Nella primavera del 1087, con un’azione da commandos, quarantacinque marinai baresi ingannano e malmenano i frati, smurano il sepolcro e ripartono con le spoglie del santo accolte poi, con una sorta di trionfo, a Bari, dove sono sepolte nella Basilica del Santo. Questa operazione è comunque piratesca: può essere, in qualche modo, giustificata dal fatto che l’Anatolia, e Myra di conseguenza, da un secolo erano sotto la dominazione saracena islamica e nel 1054 si era compiuto lo scisma tra le chiese d’Oriente e d’Occidente.

La fama e la venerazione di Nicola al nord sono dunque legate all’inverno, la sua festa apre questa stagione. La fama e la venerazione di San Nicola hanno in Russia la loro massima espressione: san Nicola è “il Dio Russo”.

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