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Cronaca

Sovraffollamento di nutrie? «Si coinvolgano i Comuni per censimento e sterilizzazione»

La parola al biologo: «Non si può non fare nulla, bisogna intervenire conoscendo la problematica». Ecco le risposte a tutte le domande sollevate dal fenomeno

La bella stagione è arrivata, e lungo le rive di lago e Adda è molto probabile imbattersi nelle nutrie. Nei giorni scorsi in molti - anche sui social network - hanno sollevato la questione, tra curiosità e preoccupazione, a volte persino ribrezzo.

I lecchesi si dividono nelle classiche due fazioni, "pro" e "contro". C'è chi ne ha paura, chi (purtroppo sono stati riscontrati episodi) cerca di abbatterle usando fiocine, bocconi avvelenati e cani, ma anche chi se ne sta prendendo cura. Alcune volontarie, grazie alla collaborazione dell'Enpa di Merate, hanno creato una sorta di "task force" per monitorare le colonie presenti lungo il lago e l'Adda (vedi la fotogallery sotto). Una campagna di sensibilizzazione che presto potrebbe portare al coinvolgimento dei Comuni per cercare di risolvere una problematica comunque presente, come accade ogni volta che una specie non originaria del territorio vi si ambienta. Perché non fare nulla è sbagliato, ma per fare qualcosa occorre valutare tutti gli aspetti. E per sapere quali sono, abbiamo interpellato chi conosce la materia e se ne occupa a livello professionale.

A quale famiglia appartiene?

La premessa da fare è capire di cosa parliamo. E sgomberare il campo da un equivoco di fondo, dall'errore più comune. La nutria non c'entra nulla con topi e pantegane, è un roditore dei Miocastoridi. Vive lungo le rive di ambienti acquatici, è erbivora e costituisce una preda naturale, non un predatore. Questo non significa che non sia una specie infestante, e difatti la sua popolazione è cresciuta in maniera sensibile negli ultimi anni.

Come è arrivata fino a Lecco?

La nutria non è un animale autoctono. Fu importata a fine anni Venti dal Sud America in Piemonte per il crescente mercato della pellicceria. La sua folta pelliccia venne usata a lungo per creare il celebre "castorino". Quando, alla fine degli anni Ottanta, questo settore andò in declino, fu deciso di liberarla in natura per non sostenere gli alti costi di abbattimento. Dalle rive del Po, la nutria si è poi trasferita in molte zone d'Italia, arrivando anche nel nostro territorio, tra il lago e il fiume Adda.

In quale modo altera l'ecosistema?

Lo abbiamo chiesto a Samuele Venturini, biologo di Buccinasco, tra i principali studiosi italiani di questa specie. «Essendo un erbivoro - spiega - è una preda e non ha interazioni con altri animali. Spesso e volenteri però può entrare in contatto con pesci, anfibi o uccelli acquatici, e creare disturbo. Per esempio con lo svasso. Occorre sempre monitorare le popolazioni di queste specie là dove spariscano, per capire se sono estinte - molti animali autoctoni sono in naturale declino - o semplicemente si sono spostate in altre zone. La nutria non è mai la causa principale, ma può essere una concausa».

Perché prolifera in maniera tanto veloce?

«Negli ultimi ventincinque anni si è provveduto all'abbattimento, ma il risultato prodotto è l'aumento della popolazione. Questo perché, come in tutti gli animali, scatta una risposta ormonale che genera un incremento notevole del numero di nascite per singolo parto. È una naturale forma di difesa della specie per la sua conservazione».

Può arrecare danni all'agricoltura?

«Per costruire i propri nidi galleggianti usa prevalentemente vegetazione secca, giunchi e fusti sulle rive. In mancanza di questo li crea nel sottobosco, oppure scava tane negli argini come la lontra e il tasso. Può avere un impatto sulle coltivazioni solo se queste sono situate nei primi metri a ridosso del corso d'acqua. I dati in nostro possesso evidenziano come la nutria sia terza tra le specie animali con il maggiore impatto sull'agricoltura, dietro al cinghiale e a lepridi e corvidi».

È portatrice di malattie?

«A livello igienico-sanitario, attualmente in Italia non costituisce un problema. Le analisi vengono effettuate costantemente. Molti temono la leptospirosi, ma la nutria non è un vettore della malattia. A livello anticorpale si riscontra una positività, ciò significa che ha sviluppato le necessarie difese immunitarie. A livello microbiologico, invece, la percentuale del patogeno è inferiore all'1%».

Cosa è opportuno fare per arginare il sovraffollamento?

«Bisogna trovare un compromesso tra chi ha a cuore gli animali, e la sensibilità delle persone, per esempio per quanto riguarda l'agricoltura. A Buccinasco abbiamo interpellato i Comuni per effettuare un censimento della locale popolazione di nutrie. Quindi siamo passati all'applicazione dei protocolli veterinari e alla sterilizzazione per contenere le nascite. La spesa medica è sostenibile e sul lungo periodo costa molto meno dell'acquisto di gabbie e dell'abbattimento, anche perché queste operazioni andrebbero ripetute ogni anno mentre la sterilizzazione, ovviamente, si fa una volta sola».

Il biologo Samuele Venturini, che ha già avviato iniziative simile, fornisce disponibilità alle Amministrazione comunali per organizzare progetti di gestione faunistica ecologica. Chi volesse contattarlo può farlo all'indirizzo progeconatura@gmail.com.

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