Riva Luigi ’69 ’70 – Cagliari ai dì dello scudetto
SABATO 8 FEBBRAIO 2020 ore 20.45
RIVA LUIGI ’69 ’70 – Cagliari ai dì dello scudetto
Cada die Teatro
Di e con Alessandro Lay
Luci Giovanni Schirru
Suono Matteo Sanna
Scene di Mario Madeddu, Marilena Pittiu, Matteo Sanna, Giovanni Schirru
Nel 1970, quando il Cagliari divenne campione d'Italia, io avevo 8 anni. Non ricordo molto dello scudetto, ma ricordo come era la città, come ci vestivamo, come ci appendevamo ai tram per non pagare, l'album della Panini e le partire ' a figurine' sui gradini della scuola elementare. Ricordo il medagliere, con i profili dei giocatori del Cagliari sulle monete di finto, fintissimo oro da collezionare. E ricordo vagamente un ragazzo schivo, a volte sorridente, che guardava sempre da un'altra parte quando lo intervistavano. Un ragazzo che puntava i pugni in terra e si faceva tutto il campo correndo ogni volta che segnava un gol...
Ingresso posto unico: 9€
Biglietti in vendita anche online sul sito Vivaticket.it
Prenotazione consigliata: segreteria@teatroinvito.it | Tel. 0341 1582439 (lun - ven 9.30/13)
“Che cos'è una lingua? "Un sistema di segni", risponde nel modo oggi più esatto, un semiologo. Il gioco del football è un "sistema di segni"; è, cioè, una lingua, sia pure non verbale. La sintassi si esprime nella "partita", che è un vero e proprio discorso drammatico.
Ci può essere un calcio come linguaggio fondamentalmente prosastico e un calcio come linguaggio fondamentalmente poetico. Per spiegarmi darò alcuni esempi: Bulgarelli gioca un calcio in prosa: egli è un "prosatore realista"; Riva gioca un calcio in poesia: egli è un "poeta realista".”
Pierpaolo Pasolini
“Nel 1970, quando il Cagliari divenne campione d'Italia, io avevo 8 anni. Non ricordo molto dello scudetto, ma ricordo come era la città, come ci vestivamo, come ci appendevamo ai tram per non pagare, l'album della Panini e le partite 'a figurine' sui gradini della scuola elementare. Ricordo il medagliere, con i profili dei giocatori del Cagliari sulle monete di finto, fintissimo oro da collezionare.
E ricordo vagamente un ragazzo schivo, a volte sorridente, che guardava sempre da un'altra parte quando lo intervistavano. Un ragazzo che puntava i pugni in terra e si faceva tutto il campo correndo ogni volta che segnava un gol…”
Alessandro Lay