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Climate change e Tipping Points: il punto di non ritorno

Ogni tipping point rappresenta un passaggio irreversibile ad un mondo sempre più caldo, un mondo molto diverso dal precedente, in cui gli equilibri del vecchio lasciano il passo a qualcosa di completamente nuovo.

Cos’è un tipping point

La crisi climatica sta alterando gravemente l’equilibrio degli ecosistemi terrestri, e non necessariamente in maniera graduale. Il cambiamento climatico può svilupparsi in modo non incrementale, come una serie di salti irreversibili. Si tratta del fenomeno scientifico del tipping point, il punto di non ritorno. L’imprescindibilità del fenomeno sta nel suo nome: ogni tipping point rappresenta un passaggio irreversibile ad un mondo sempre più caldo, un mondo molto diverso dal precedente, in cui gli equilibri del vecchio lasciano il passo a qualcosa di completamente nuovo. Inoltre, il punto di non ritorno crea un fenomeno a cascata, innescandone altri. Le ultime informazioni scientifiche riassunte nei report IPCC (il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico) del 2018 e del 2019, ci dicono che per innescare i tipping points potrebbero bastare anche solo 2°C di aumento della temperatura terrestre. Ciò che dovremmo fare, dunque, è far calare in modo drastico e immediato le emissioni di gas ad effetto serra, cercando di non avvicinarci neppure alla soglia degli 1,5 gradi.

Ogni decimo di grado conta per il clima terrestre. Ogni decimo di grado in più potrebbe infatti risultare catastrofico.

La traiettoria attuale ci porterebbe a +2,6 gradi centigradi

L’ultima proiezione delle Nazioni Unite, sulla base dei dati attuali e delle promesse di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra da parte dei governi, parlano però di una traiettoria ancor più pericolosa. Di questo passo, infatti, la temperatura media globale crescerà di 2,6 gradi di qui alla fine del secolo.

Le dinamiche dei punti di non ritorno

Le dinamiche climatiche che attivano i punti di non ritorno sono riassumibili in tre categorie principali:

  1. La perdita incontrollata delle calotte di ghiaccio, che accelerano l’innalzamento del livello del mare;
  2. La perdita di foreste e altri depositi naturali di carbonio come il permafrost, che rilasciano questi depositi nell’atmosfera sotto forma di anidride carbonica e metano;
  3. L’alterazione del sistema di circolazione oceanica.

Secondo gli esperti, la preoccupazione più grande riguarda il futuro del sistema di circolazione oceanica: l’AMOC (Atlantic Meridional Overturning Circulation), che trasporta il calore e può dettare il clima globale. Il cambiamento climatico influisce su questo processo, diluendo l’acqua salata di mare con l’acqua dolce proveniente dall’aumento di precipitazioni e dallo scioglimento dei ghiacci continentali. Il risultato di questa diluizione è che l’acqua degli oceani diventa più “leggera”, e come conseguenza questo gigantesco motore circola più lentamente.

Quali sono i punti di non ritorno

Secondo recenti analisi, dei 16 potenziali punti non ritorno individuati nel 2008 ben nove mostrano ora di essere “attivi”, con gravi conseguenze per i sistemi climatici terrestri. I 9 tipping point “attivi” riguardano i seguenti sistemi:

  1. il ghiaccio marino artico
  2. la calotta glaciale della Groenlandia
  3. le foreste boreali
  4. il permafrost
  5. l’AMOC (Atlantic Meridional Overturning Circulation)
  6. la foresta pluviale amazzonica
  7. i coralli
  8. la calotta glaciale dell’Antartide occidentale
  9. aree dell’Antartide orientale

I 9 tipping point “attivi”

Attraverso l’analisi dei punti di non ritorno gli esperti hanno capito che ci sono parti del sistema Terra con il potenziale di cambiare bruscamente in risposta al riscaldamento globale e, quindi, di provocare l’alterazione dell’intero sistema stesso. La calotta di ghiaccio dell’Antartide occidentale, ad esempio, ha ancora abbastanza ghiaccio da innalzare il livello globale del mare di circa 3,3 metri. Pertanto, anche una perdita parziale dei suoi ghiacci sarebbe sufficiente per cambiare drasticamente le linee costiere di tutto il mondo.

Un altro tipping point cruciale è stato identificato nella foresta pluviale amazzonica, la più grande foresta pluviale del mondo che si estende su nove paesi del Sud America. Un calo delle precipitazioni in risposta ad un clima più caldo, una ridotta traspirazione della vegetazione in risposta all’aumento di anidride carbonica e l’impatto diretto della deforestazione causerebbero alterazioni al sistema della foresta pluviale su larga scala. La riduzione della quantità di pioggia e di vegetazione possono spostare il clima della regione verso uno stato più secco che non è in grado di sostenere una foresta pluviale: l’Amazzonia può tollerare solo un certo grado di secchezza e siccità prima di non essere più in grado di sostenersi da sola. Al di là di questo punto, la foresta vedrebbe il cosiddetto “dieback”, un passaggio indietro allo stato di savana.

Così come per la foresta pluviale amazzonica, i punti di non ritorno agiscono anche negli oceani. Negli ultimi anni si sono verificati una serie di eventi di sbiancamento dei coralli, causati principalmente dall’esposizione prolungata alle alte temperature dell’acqua. La crescita delle emissioni di CO2 nell’atmosfera, assieme all’acidificazione progressiva degli oceani e all’aumento della temperatura delle acque si ritiene possa uccidere nei prossimi decenni la quasi totalità di tali delicati ecosistemi, che conservano una quantità gigantesca di biodiversità. Se tale tipping point fosse oltrepassato, le ricadute sarebbero evidenti, ad esempio, in tutta la catena alimentare.

Gli impatti causati dai fenomeni dei punti di non ritorno sono interconnessi tra loro e soprattutto, irreversibili. Il meccanismo dei tipping points equivale dunque alla “goccia che fa traboccare il vaso”.

Cosa fare per i tipping points?

Secondo le ricerche più recenti abbiamo tra i 20 e i 30 anni per ristabilire l’equilibrio climatico terrestre. Per farlo, è necessario investire globalmente su politiche di decarbonizzazione e ciascuno di noi deve fare tutto il possibile per limitare le emissioni con i nostri comportamenti quotidiani. Continuare a vivere in questa maniera e rischiare di arrivare ad un tipping point globale è un’opzione irresponsabile. L’emergenza climatica è un fatto concreto nel quale tutti dobbiamo impegnarci attivamente per salvare il pianeta Terra.

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