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Elezioni 2020, Gattinoni: «Servono risposte integrate alla cittadinanza». Pubblicati i risultati del sondaggio sulla "Fase 1"

"Fattore Lecco", civica del candidato sindaco, ha raccolto i dati relativi alla condizione e allo stato d’animo dei lecchesi durante la fase acuta della pandemia. I pareri di Giulio Buciuni e Giacomo Galli

«Abbiamo sviluppato centinaia di ore di contatti in queste settimane, che ci hanno permesso di avere una dimensione precisa del presente. Le testimonianze raccolte cascano nella fascia più rappresentativa tra quelle che hanno dovuto trovare soluzioni per mandare avanti la famiglia». Così Mauro Gattinoni, candidato sindaco di Lecco, ha presentato i risultati del sondaggio condotto da "Fattore Lecco", la sua lista civica, in merito alla "Fase 1" dell'emergenza Coronavirus. L'aspirante primo cittadino ha posto l'accento su tre aspetti fondamentali, colti dalle domande effettuate alla cittadinanza: «in prima battuta c’è grande bisogno d’innovazione, perchè remotizzare un computer non è smart working; serve, inoltre, dare risposte integrate, mettendo a disposizione soluzioni vere per conciliare lavoro, scuola, commercio e via dicendo; è, infine, necessario riflettere sui criteri della ripartenza: bisogna tener conto, in tal senso, di famiglia e sostenibilità. Sono ottimista, si apre una bella occasione per ripensare, agire e sperimentare soluzioni più efficaci e integrate per questa città».

«Avere una progettualità attraverso una quale accedere al credito può essere una leva strategica importante per le imprese - ha illustrato Giulio Buciuni, docente di Imprenditorialità presso la Business School del Trinity College di Dublino -. Importante è anche la sostenibilità ambientale: un basso impatto con l’ambiente può diventare un fattore che ci permetta di ripensare come si sta al mondo e aprire canali di finanziamento. Tema importante sono anche la globalizzazione e la diversificazione: fare un passo indietro rispetto alla globalizzazione è molto pericoloso, ma si può provare ad aprirsi a nuovi mercati sia dal punto di vista dei fornitori che dei provider, vincolarsi a uno sbocco solo è molto pericoloso».

giulio buciuni-2

Giacomo Galli, dipendente del settore privato, ha portato la sua esperienza familiare: «Siamo in cinque in famiglia, con due bambini che vanno alle elementari e uno all’asilo nido. Non è facile, per quanto bellissimo, seguire le lezioni in videoconferenza, perchè s’incastrano in un programma settimanale rivoluzionato per le famiglie. Gli insegnanti, come mia moglie che si trova qui a fianco a insegnare, devono caricare i compiti su ClassRoom, cosa che non è per nulla facile, inoltre noi abbiamo provato a collegare anche quattro computer contemporaneamente in casa; in tal senso siamo molto fortunati».

giacomo galli-2

L'indagine di "Fattore Lecco" sulla "Fase 1"

Lo studio, presentato da Stefano Vassena, è composto da 11 domande, di cui 6 di raccolta informazioni sul tema e ulteriori 5 sulla condizione del soggetto compilatore.  «L’indagine non ha alcuna pretesa scientifica, a compilazione del sondaggio online è stata effettuata in forma libera ed anonima tra il giorno 19 ed il giorno 30 aprile 2020 - precisa -. Il sondaggio è stato realizzato online su piattaforme specializzate e la promozione è avvenuta attraverso siti internet, social media e strumenti di messaggistica online, il passaparola e l’auto coinvolgimento. I risultati ottenuti sono altamente indicativi circa un segmento di popolazione ben definito e non si prestano a generalizzazioni estensive sull’intera popolazione».

L’indagine, rappresenta uno spaccato interessante di una fetta della nostra popolazione, quella tra i 18- 65 anni. Quasi il 90% di chi ha partecipato all’indagine (334 risposte), infatti, rientra proprio in questa fascia. Analizzando nel dettaglio si vede come, aggregando l’età, il 65% dei compilatori rientra nella fascia di età 35-65 anni. Questo dato è molto interessante perché rappresenta quella fetta di popolazione attiva, produttiva che ha dovuto rigiocarsi reiventando il proprio tempo di vita a partire dal lavoro, fino alla cura dei figli e/o delle persone anziane.

Possiamo affermare che da questa indagine emerge uno spaccato perfetto della fascia più attiva della nostra società, il nostro “motore” economico e sociale (qui rappresentata al 92,5%) tipicamente costituita da famiglie con figli, quella più seriamente esposta ai potenziali effetti economici e sociali del dopo virus, che ha dovuto rigiocarsi reiventando il proprio tempo di vita a partire dal lavoro, fino alla cura dei figli e/o delle persone anziane. La fascia d’età maggiormente rappresentata è quella compresa tra i 26 e 50 anni (43,5%), seguita dalla fascia giovanile 18-35 anni (27,2%) e fascia 51-65 (20,8%).

Si tratta quindi di un campione altamente rappresentativo di quella fascia che la statistica definisce “anagraficamente attiva” della popolazione, da cui statisticamente si escludono gli over 65 e/o Pensionati (rispettivamente 5,4% e 4,9%, ordine di grandezza identico, e quindi sostanzialmente sovrapponibili) e gli under 15 (che qui possiamo considerare trascurabile, poiché il 2,1% delle risposte è nella fascia <18 anni).

È comunque presente una fetta sensibile di popolazione anagraficamente attiva, in cerca di occupazione (5,8%). Tale segmento costituisce già in sé un elemento di forte vulnerabilità e andrà monitorato nelle prossime evoluzioni.

Al lavoro in videoconferenza, ma mancano le relazioni sociali

Il nostro “motore economico” ha continuato a girare. Che sia attività professionale fatta direttamente sul posto di lavoro (18%) oppure da casa (46%), dai risultati emerge che la stragrande maggioranza degli intervistati (65%) non si è fermata. Escludendo la fascia pensionati e studenti, ne deriva che il 25% circa degli occupati non ha potuto materialmente lavorare neppure da casa, in quanto lo svolgimento della propria attività avrebbe necessitato della propria presenza fisica presso macchinari, strumenti, impianti presenti solo presso l’azienda.

Per tutti gli altri (65%) abbiamo assistito ad una remotizzazione del lavoro e non ad uno smart working vero e proprio: dagli approfondimenti qualitativi svolti (30 aprile 2020) e confrontando fonti terze, è parso chiaro come il lockdown abbia imposto un “portarsi a casa” il lavoro dell’ufficio che è stato comunque condotto tramite gli 

strumenti disponibili tradizionali (pc, telefono cellulare, videoconferenze), orari difficilmente codificabili, attività svolta non controllabile e produttività particolarmente ridotta, con cali che raggiungono l’80%. Questi sono i tipici effetti della remotizzazione del lavoro, mentre uno smart working vero e proprio, in linea teorica, avrebbe necessitato di infrastrutture gestionali ed organizzative dedicate (all’epoca evidentemente non disponibili vista la repentinità della chiusura), assetto contrattuale impostato per obiettivi o progetti (e non quindi difficilmente inquadrabile nelle forme contrattuali standard) e una produttività certa e misurabile garantita dagli step di avanzamento del progetto.

Quest’ultima considerazione è supportata dalla dimensione multi-tasking dell’attività famigliare durante la quarantena: oltre a cercare di portare avanti il lavoro, i genitori si sono dovuti occupare di bambini e incombenze domestiche (16%), oltre che di famigliari in difficoltà, vicini di casa e persone a vario titolo bisognose (11%).

Moltissimi (38%) ne hanno comunque approfittato per portare a termine dei lavoretti in casa che aspettavano da mesi, dedicarsi ai propri hobby o nuove attività, o ancora approfondire evidentemente temi della cronaca (23%) anche con letture dedicate.

Distanziamento sociale o distanziamento fisico?

Che la chiusura totale abbia imposto il distanziamento fisico tra le persone, è insito nell’obiettivo primario di bloccare la diffusione del virus.
Tuttavia, a fronte del distanziamento fisico obbligato, quasi un terzo del campione non ha voluto far mancare la propria vicinanza ai propri cari ed agli amici pur in forma mediata dal telefono, canali social e video chiamate. A questo si deve aggiungere anche la cura diretta ai propri cari o ai bisognosi tramite volontariato (già citati, 11%) o contributo in via indiretta tramite donazioni (24%, un dato quest’ultimo assolutamente significativo. Lasciamo alla più ampia interpretazione un importante 16% delle persone che hanno dichiarato di pregare più intensamente, meditare e riflettere sulle priorità della vita.

Cos'è mancato in maniera maggiore? Le risposte a questa domanda sono particolarmente polarizzate. Il distanziamento fisico tra le persone ne ha fatto emergere con prepotenza la mancanza (80%) quale nostalgia di relazioni, di prossimità. L’uomo “animale sociale” ha sofferto pesantemente della negazione obbligata della propria natura di essere-in- relazione. Potrebbe sembrare una risposta ovvia, ma questo grande “esperimento sociale” che pure è stata la quarantena, ci conferma, rincuorandoci, che la persona trova se stessa nel momento in cui si relaziona con gli altri all’interno di un contesto sociale, micro o macro che sia.
In altri termini, vogliamo leggere la conferma che pensare una società basata sull’individuo e non sulla relazione può considerarsi disumano. La costrizione fisica è stata sofferta dal 66% del campione, cui è mancato il potere uscire liberamente di casa, fare due passi, praticare hobby.

Aggregando le risposte più simili tra loro emergono tre principali desideri dei lecchesi mentre erano bloccati in casa:

  • 80% la vita sociale
  • 66% sport
  • 29% cultura e divertimento

"Skills" apprese durante la "Fase 1"

Questa domanda è stata formulata per tentare di scandagliare lo stato d’animo del momento, le riflessioni che ci si è portati dentro, una ricerca di senso oppure l’accettazione del dato di fatto. È una domanda che si presta a diversi livelli di interpretazione e che, soprattutto, necessiterebbe di interviste in profondità per essere compresa appieno.

L’analisi quantitativa, cui noi ci limitiamo, evidenzia due ambiti di risposte.
Il primo blocco, che definiremo di “valore sociale” raccoglie le risposte con frequenze più alte (tra il 40 ed il 55%), il secondo quelle più “impatto emotivo” che raccolgono una frequenza del 20%, la metà del primo.

Emerge un grande senso di intimità riflessiva e analisi non superficiale di quanto si stava vivendo:

  • 76% ha riflettuto sui valori della vita per manifestare agli altri emozioni positive (ti voglio bene!)
  • 44% ha la consapevolezza di essere reciprocamente connessi
  • 40% ha capito che chi assume ruoli di responsabilità deve necessariamente avere competenze

Le paure del futuro

Un virus ci ha cambiato la vita_Fattore Lecco-3

Lo stato d’animo di incertezza generale giustifica ampiamente le prime due risposte maggiormente opzionate: che ne sarà della ripartenza (49%)?
Con quali regole? Con quali nuove abitudini (38%)?

Richiamandoci all’epoca in cui è stato svolto il sondaggio (19- 30 aprile 2020) si tratta di incertezze oggettive, reali, non c’erano risposte perché non se ne potevano formulare. Senza dati, senza cognizione esatta dell’evoluzione del contagio, ogni ipotesi è possibile, ma al contempo potrebbe essere un azzardo.

Pertanto, le prime due risposte costituiscono un dato di realtà oggettivo in cui si sono trovati i cittadini: non possiamo quindi darne alcuna interpretazione connotativa, ci limitiamo alla costatazione dell’evidenza.

  • 49% incertezza sulle norme
  • 38% perdita della quotidianità
  • 34% incertezza sul futuro
  • 26% status economico

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