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Martedì, 16 Aprile 2024
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Come il testo del Dpcm 18 ottobre è stato cambiato nella notte (per le proteste dei sindaci)

Dopo aver annunciato la possibilità per i sindaci di chiudere vie e piazze alle 21 in caso di assembramenti, il riferimento sparisce nella norma definitiva pubblicata in Gazzetta Ufficiale. Vediamo perché

Il testo del Dpcm 18 ottobre pubblicato in Gazzetta Ufficiale ci regala una sorpresa rispetto alla bozza circolata nelle ore precedenti e alla stessa conferenza stampa di Giuseppe Conte. Nella bozza su cui lavorava Palazzo Chigi c'era un esplicito riferimento alla facolta dei sindaci di chiudere vie e piazze dopo le 21 in presenza di assembramenti. Nel testo definitivo è scomparso il riferimento ai sindaci. 

Come il coprifuoco dei sindaci dopo le 21 è sparito dal Dpcm 18 ottobre

La prova-finestra è impietosa: "I sindaci potranno disporre la chiusura al pubblico dopo le 21 di vie e piazze dove si creano assembramenti, consentendo l'accesso solo a chi deve raggiungere esercizi commerciali o abitazioni private'', scandisce il premier a palazzo Chigi, confermando le indiscrezioni circolate nelle ore precedenti ("I sindaci potranno disporre la chiusura al pubblico dopo le 21 di vie e piazze dove si creano assembramenti...", si leggeva in una bozza del testo). Ma la misura ha fatto andare su tutte le furie i primi cittadini. "Il governo, senza nemmeno affrontare il tema nelle numerose riunioni di queste ore, inserisce in un Dpcm una norma che sembra avere il solo obiettivo di scaricare sulle spalle dei sindaci la responsabilità del coprifuoco agli occhi dell'opinione pubblica", aveva tuonato il sindaco di Bari e presidente dell'Anci Antonio Decaro.

dpcm 18 ottobre bozza-2

La decisione del governo fa saltare sulla sedia i primi cittadini da Nord a Sud. Alle parole di Decaro seguono a ruota, nel giro di pochissimi minuti, quelle di Leoluca Orlando, Dario Nardella, Giorgio Gori, tutte dello stesso tenore: non scaricare sui sindaci la responsabilità del "coprifuoco".

Il Dpcm cambiato nella notte per le proteste dei sindaci

E poi arriva il colpo di scena. Nel Dpcm firmato e pubblicato sul sito di palazzo Chigi quel riferimento ai primi cittadini salta: "Delle strade o piazze nei centri urbani, dove si possono creare situazioni di assembramento - si legge nel testo approvato - può essere disposta la chiusura al pubblico, dopo le ore 21,00, fatta salva la possibilità di accesso, e deflusso, agli esercizi commerciali legittimamente aperti e alle abitazioni private''.

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Cosa è successo, quindi? È successo che evidentemente le proteste dei sindaci hanno convinto il premier a cambiare idea. Ma perché i primi cittadini, che sono spesso in prima fila a chiedere autonomia, hanno chiesto di essere esentati dalla facoltà di chiudere vie e piazze in questa sorta di coprifuoco ante-litteram? Semplice: i sindaci sanno che la scelta di impedire il transito e sgomberare parti della loro città li esporrebbe a critiche e impopolarità. Per questo preferiscono che a farlo sia qualcun altro. D'altronde anche la presidenza del Consiglio ha fatto lo stesso ragionamento quando ha deciso che i lockdown territoriali debbano essere imposti dalle Regioni. E anche in questa occasione avrebbe preferito scaricare la responsabilità sui primi cittadini. L'effetto, particolarmente comico, di questa decisione è che adesso si sa che strade e piazze si possono chiudere, ma a leggere il testo non si sa chi può farlo. Quella del coronavirus è un'emergenza, sì, ma non sembra aver insegnato che è meglio prendere decisioni impopolari prima che pagarne le conseguenze in termini di morti dopo. In Italia va così da sempre: la situazione è disperata, ma non seria. 

Nuovo Dpcm 18 ottobre: le misure della stretta spiegate

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