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Con Giuseppe la bici diventa strumento per creare scintille di energia e solidarietà

L'82enne Zappa ha messo online la sua "invenzione" ideata tempo fa a favore dei poveri dell'Africa: con l'elettricità della dinamo fa funzionare i microscopi aiutando la ricerca contro le malattie

"Alla bella età di 82 anni, mio papà Giuseppe ha deciso di aprire un sito on line per divulgare il suo brevetto di micro produzione di energia elettrica attraverso le biciclette per contesti di emergenza e di estrema marginalità". Posta così su facebook, la figlia Chiara Zappa, mandellese giornalista di Avvenire e Mondo Missione, il rispolvero da parte del genitore di una vecchia idea già collaudata in tempi di gioventù in terre lontane. "Lui pensava alla Brousse africana, sperando che l'attualità non allarghi il campo di applicazione dell'idea" - prosegue la figlia attraverso il social.

Ma in cosa consiste consiste precisamente questa "invenzione" datata ma oggi rilanciata? Nel produrre, pedalando in bici, luce concentrata puntiforme per microscopi ad alto ingrandimento, indispensabile per la ricerca contro malaria, lebbra, tubercolosi, dove non arriva l'elettricità. Essa illumina il dispensario di notte, per situazioni di emergenza. "Bici = Energia per l'Africa" è il nome dato a questa piccola, ma allo stesso tempo grande idea.

L'impegno in passato nel Congo Belga

Bici energia-2

Giuseppe, di formazione professionale analista nel settore della sanità, aveva toccato con mano le realtà africane grazie al legame con l'associazione lecchese Mondo Giusto operante nei primi anni sessanta nella Capitale del Congo ex Belga, ora Kinshasa. Il mandellese avvicinatosi a questa associazione raggiunse per un periodo l'Africa centrale toccando con mano le difficoltà operative in campo sanitario dovute alla carenza, a volte anche totale, di energia elettrica. Nella Brousse, la regione all'estremo del Paese, l'ospedale più raggiungibile si trova a tre ore di distanza.

Per la mandellese Chiara Zappa menzione speciale al Premio Piazza Grande

"I poveri non hanno mezzi di trasporto se non i loro carretti - ci racconta Giuseppe - con l'aggiunta, a quel carico di difficoltà, della mancanza di corrente per accedere all'uso del microscopio per le letture e analisi di batteri, funghi e altre cellule nell'ambito della ricerca e del contrasto alla tubercolosi e ad altre malattie. Inoltre, ricordo le partorienti durante il travaglio, illuminate a lume di candela". Situazioni davvero al limite della sostenibilità. Zappa non si perse però d'animo, volendo portare un aiuto per attenuare queste difficoltà. Anni fa inizia a confrontarsi con amici mandellesi esperti nel campo dell'elettronica ponendo domande su come poter intervenire in loco.

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Il giovane Giuseppe con formazione infermieristica e tecnico di laboratorio di analisi cliniche vantava al suo attivo la frequentazione ad Anversa del corso di medicina tropicale. Conoscenze portate nel 1984, per un breve periodo appunto, nell'ex Zaire. Ed è qui che poi scatta la scintilla finalizzata a produrre energia elettrica pure moderata, dove occorre. "Semplicemente stando seduti sulla bicicletta, dall'alternatore o dinamo, pedalando viene prodotta l'energia pari a 6 Volts e 3 Wat, la corrente alternata che illumina la lampadina del faro sulla bici".

L'idea di Giuseppe Zappa adottata in Africa in alternativa alla luce del fuoco e delle candele “Permetteva di studiare, cucinare, leggere e usare il microscopio. Risolvendo tanti problemi sanitari. Tra i più comuni la polmonite cronica che miete vittime tra i bambini". Un convincimento, questo della bicicletta come strumento atto a generare energia, diffuso senza fini di lucro e senza alcuna protezione intellettuale. "Qualunque utilizzo di questa idea per aiutare persone in stato di necessità è quindi non solo accettato, ma auspicato" - commenta oggi l'ideatore. Così, di recente, nei tempi in cui tutto viaggia e rimbalza via web, ecco la scelta di dare vita al sito https://bici4africa.it per promuovere la sua "invenzione" che guarda alla salute e alla solidarietà.

(Si ringrazia Alberto Bottani per la collaborazione)

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