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A Lecco 1.130 euro al mese di pensione: «Sistema da riformare subito o le nuove generazioni avranno compensi non dignitosi»

Diego Riva, segretario generale della Cgil Lecco, sulla necessità di varare la riforma pensionistica

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di LeccoToday

Diego Riva, segretario generale della Cgil Lecco, interviene per spiegare l’importanza della riforma pensionistica, che coinvolge tutta la collettività.

«Per prima cosa non è più rinviabile il superamento della legge Monti-Fornero. Se infatti si dovesse mantenere questa impostazione in futuro le persone rischieranno di andare in pensione con un’età anagrafica di 70 anni o con 45 di contribuiti versati. Questo meccanismo è fuori logica, non lo condividiamo.

È scorretto affermare che le risorse economiche per sostenere una adeguata e giusta riforma previdenziale non ci sono. Non c’è più il calcolo con il sistema retributivo, ma contributivo, quindi chi va in pensione prima sarà penalizzato perché il calcolo sarà fatto sul montante economico complessivo più basso. Anche per questo equilibrato ragionamento chiediamo di uscire dal mondo del lavoro con meccanismi flessibili dai 62 anni di età, oppure con 41 anni di contributi.

C’è la necessità di attuare una riforma previdenziale che tenga conto di molti aspetti, tutelando e intervenendo prioritariamente sulle persone più esposte, per esempio ai giovani: serve una pensione di garanzia. Troppe volte i giovani si trovano con occupazioni precarie e hanno un percorso lavorativo discontinuo. Questo li porta ad avere penalizzazioni sulla retribuzione quando prestano lavoro e sono penalizzati anche ai fini contributivi. Raggiunti i requisiti previdenziali si troveranno una pensione insufficiente che non permetterà loro di vivere dignitosamente. Sempre per tutelare le nuove generazioni è necessario riprendere e rilanciare i fondi di previdenza complementare, strumenti necessari per garantire ai giovani una sicurezza economica maggiore.

Lecco: 918 euro in più per gli uomini

Serve un nuovo sistema pensionistico anche per dare maggiori risposte alla manodopera femminile, più danneggiata dall’attuale sistema rispetto a quella maschile. Questo perché le donne svolgono molteplici lavori (come quello di cura) e per il fatto che spesso hanno contratti di lavoro a part time forzato. I loro stipendi, inoltre, sono inferiori del 30% rispetto agli compensi maschili, cosa che porta a una minore contribuzione e a una pensione mediamente più bassa. Tra l’altro ricordiamo che proprio a Lecco c’è il gender pay gap più alto d’Italia: mediamente gli uomini hanno una pensione mediamente superiore di 918 euro lordi mensili.

L’attuale riferimento previdenziale Monti Fornero è inadatto anche perché non fa distinzione tra loro usurante e non. Non tutte le mansioni sono uguali. Il lavoro gravoso incide anche sull’aspettativa di vita. Tra le altre cose, il Governo si è impegnato ad approfondire la materia dei costi generata e del rapporto tra previdenza ed assistenza. Uno studio necessario per far chiarezza di quanti soldi si spendono per le pensioni e quanti per assistere i cittadini.

Pensione media: 1130 euro

Non possiamo non parlare degli attuali pensionati, che in questi vent’anni hanno ridotto del 30% il loro potere d’acquisto. In tutta la provincia sono 112.869, con uno stipendio medio mensile di 1.129,93 euro. Un anno fa erano 113.533, circa tremila in più del 2010. Si tratta di una larga fascia di popolazione, un terzo del Lecchese, con un compenso che troppo spesso è inferiore ai mille euro. Per questo dobbiamo mettere in campo un’azione che sostenga e garantisca ai pensionati la perdita del potere d’acquisto e aumenti la platea di chi ha diritto alla quattordicesima mensilità. Le pensioni non sono una spesa pubblica, ma uno strumento di coesione sociale universale e solidale.

Oggi il nostro sistema pensionistico è costruito con il sistema a ripartizione. È quindi fondamentale che tutte le persone possano avere un lavoro di qualità, strutturato economicamente e a tempo indeterminato, necessario per versare i giusti contributi. Non possiamo non tenere conto delle difficoltà occupazionali e per questo motivo c’è la necessità che il blocco dei licenziamenti continui fino a quando non si è risolta l’emergenza sanitaria e tutti i suoi problemi. Bisogna ragionare, migliorare nella sfera delle politiche attive. Strumento fondamentale per permettere alle persone di avere maggiori opportunità lavorative e per sostenere l’aspetto previdenziale. C’è la necessità di utilizzare al meglio le risorse che arriveranno dall’Europa per il Pnrr-Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Dentro questi ragionamenti non si può non tenere conto che bisogna affrontare contemporaneamente anche la riforma del fisco. Serve implementare la lotta all’evasione fiscale, contributiva e combattere il lavoro nero. Temi che sono collegati da un comune denominatore: accorciare le diseguaglianze che durate questo periodo pandemico sono aumentate».

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