Nuova vita per la Cava Bregaglio? Quattro giovani ripensano i cinque ettari di viale Valsugana
L'area è dismessa dalla metà degli Anni Ottanta, quando scadde la concessione e il sito venne chiuso. Marta Alberti, Elisa Annoni, Ilaria Aranci e Salvatore Borgese hanno consultato la cittadinanza e messo nero su bianco la loro tesi di laurea
Un progetto per ridare alla comunità la Cava Bregaglio di Lecco, attiva dalla fine dell'Ottocento e chiusa nel 1984. Ampia 4,9 ettari, è stata il fulcro della Y3AB (Y = 3A+B), team consolidato che si è formato durante il percorso universitario. Il nome del gruppo deriva dall’accostamento delle iniziali dei cognomi dei quattro componenti: 3A individua Marta Alberti, Elisa Annoni e Ilaria Aranci mentre la B identifica Salvatore Borgese. Sono stati loro quattro, studenti del Politecnico di Milano, a fare dell'area Bregaglio il fulcro della loro tesi di laurea magistrale in Architettura Ambiente Costruito Interni; il team si è specializzato nell'elaborazione di molteplici progetti sul tema della riqualificazione e del recupero dell’esistente in relazione a differenti ambiti (archeologico, storico, industriale e residenziale): nel 2019 il gruppo ha vinto il primo premio per l'architettura e una menzione per la sostenibilità al concorso internazionale ABC Monza 2019 con un progetto per la riqualificazine dell'ex area Philips a Monza, mentre nel dicembre 2020 i quattro componenti hanno conseguito la laurea con lode grazie alla tesi dal titolo "Abitare la roccia - Progetto di riqualificazione della Cava Bregaglio a Lecco" con il supporto e la fondamentale supervisione del relatore Prof. Arch. Massimo Boffino.
La riqualificazione della Cava Bregaglio
Fondamentale è stato l'incontro tra i giovani dottori e «la gentile sig.ra Adele Bregaglio, proprietaria del sito: ci è stato possibile visitare la cava, la raccolta e ricevere da lei informazioni sulla sua storia e alcune fotografie d'epoca - raccontano -. La ricerca proposta indaga il complesso argomento della riqualificazione delle aree degradate da attività estrattiva, in particolare tratta la tematica relativa al recupero dei siti di cava cessati. La scelta di fare una riflessione, tra i tanti tipi di “paesaggi rifiutati”, proprio sulle cave in disuso risiede nell’estrema urgenza ed attualità della questione che troppo spesso viene messa da parte».
«La provincia di Lecco, il cui sottosuolo presenta una notevole ricchezza e varietà di risorse naturali, è caratterizzata da notevoli realtà estrattive - prosegue l'analisi -. L’ultimo aggiornamento dell’inventario delle cave della Provincia di Lecco risale al 2015, quando i siti cessati risultavano essere 39; tra questi sei sono cave abbandonate (ovvero cave cessate per vari motivi ma in presenza di un giacimento residuo) e le restanti invece sono cave dismesse (cioè chiuse in seguito all’esaurimento del giacimento). Circa la metà dei siti cessati sono già stati ambientalmente ripristinati e in qualche caso sono stati addirittura conglobati nel tessuto urbano, soprattutto per le cave presenti a ridosso della città. Nello specifico il luogo di progetto è situato nella periferia del comune di Lecco dove sono localizzate anche tre cave attive e altrettante dismesse».
La Cava Bregaglio oggi
Y3AB entra nei particolari del sito studiato: «Il sito estrattivo era impostato su un giacimento di calcare selcifero compatto; inoltre, il Monte Magnodeno è costituito anche da depositi marini di avanscogliera che spiegano la presenza nel sito di sabbia. Inizialmente veniva prodotto pietrisco utilizzato per la realizzazione del ballast, ovvero la massicciata presente sotto i binari ferroviari. Con il successivo proliferare delle automobili divenne di primaria importanza la realizzazione di strade carrabili; per questo motivo dal 1930 i materiali estratti da Cava Bregaglio vennero impiegati per la produzione di conglomerato bituminoso. Nel 1985 non venne rinnovata la concessione per la prosecuzione dell’estrazione (pur in presenza di un giacimento residuo) e la Cava Bregaglio venne conseguentemente dismessa. Attualmente il sito non risulta ripristinato né dal punto di vista ambientale né funzionale ma viene solo periodicamente messo in sicurezza il fronte. Come anticipato, con il PGT l’area di Cava Bregaglio è stata inserita in un ambito di trasformazione urbana. Come si legge nel documento, l’operazione è destinata a migliorare i servizi e le infrastrutture per i residenti di questo brano di città; tuttavia, il presupposto basilare per l’attuazione dell’ambito di trasformazione è costituito dal recupero ambientale dell’intero sito (attualmente in stato di forte degrado)».
Obiettivi e strategie
«L’intervento di rigenerazione urbana si pone come un’operazione di recupero, ambientale e funzionale, che permette al sito estrattivo dismesso di essere reintrodotto in un nuovo ciclo di vita sostenibile - si legge nella tesi -. Il riuso della cava si basa essenzialmente sulla proposta di un mix funzionale per rendere il sito attrattivo ed identitario; inoltre, al riscatto funzionale si affianca la riqualificazione ambientale. L’intero progetto è caratterizzato da funzioni ed aspetti che favoriscono la sostenibilità dell’intera operazione. Questi generici propositi sono stati successivamente trasformati in vere e proprie strategie progettuali. Le strategie applicate per la riqualificazione ambientale prevedono la salvaguardia degli habitat esistenti attraverso il ripristino dell’intero sito in chiave naturalistica. Inoltre, dal punto di vista ecologico viene trattato il delicato tema della gestione delle acque. Invece, le strategie messe in opera per il riuso dell’ex sito estrattivo rispondono all’obiettivo di rendere attrattiva l’area; questo avviene grazie all’inserimento di nuove funzioni che richiamino l’attenzione di cittadini e turisti. Infine, fondamentale per la rinascita del sito estrattivo è il collegamento di quest’area con il centro urbano e il lago poco distante».
«L’intervento lavora con il paesaggio esistente fatto di bordi e limiti definendo luoghi obbligati con attività che si adattano ai caratteri peculiari della cava. Infatti, la genesi del progetto deriva dall’applicazione del concetto di mimesi e genius loci che permettono di approcciarsi all’inusuale contesto in maniera armonica. Si fonda su questa teoria la sensibilità dell’intervento proposto, ovvero creare luoghi significativi in equilibrio con il particolare paesaggio. Per far ciò il progetto si configura come un insieme organico di interventi – a carattere conservativo, architettonico ed ambientale – che valorizzino le risorse presenti. L’intervento si accosta ai caratteri specifici del luogo con elementi che ne valorizzino la presenza e la conformazione».
La partecipazione dei lecchesi (e non)
La tesi è stata pensata anche e soprattutto per andare incontro alla volontà delle persone: «Per sviluppare un progetto che risulti attrattivo per la comunità bisogna certamente conoscere il luogo in cui si sta operando ma soprattutto i futuri utenti del nuovo spazio ideato. Quindi abbiamo deciso di rivolgerci direttamente a coloro che vivono quotidianamente il territorio lecchese. Questo è stato possibile grazie alla formulazione di un questionario online che ha raggiunto i cittadini di Lecco e dei comuni limitrofi grazie alla collaborazione con associazioni locali che lo hanno pubblicizzato; le domande erano aperte anche a coloro che si recano in città saltuariamente. Attraverso il questionario abbiamo potuto conoscere le opinioni e i bisogni della comunità, da cui abbiamo attinto per redigere la proposta progettuale: il risultato è un mix funzionale eterogeneo con attività sportive e ricreative, spazi culturali, funzioni commerciali, edifici turistici-insediativi».
«Cava Bregaglio è collocata lungo Viale Valsugana con un fronte attualmente chiuso da un alto muro; questo limite viene sostituito nel progetto da un filare di alberi che costeggia una lama d’acqua creando cosi un filtro tra la cava e la strada. Dal punto d’ingresso si diramano i percorsi pedonali tramite i quali è possibile raggiungere le diverse aree del sito, ognuna caratterizzata da una particolare funzione che sfrutta al meglio la morfologia esistente. Il progetto si confronta ed enfatizza due elementi caratteristici dei siti estrattivi ossia il vuoto come componente orizzontale e il cliff come componente verticale; in questo modo l’intervento architettonico si sviluppa su due piani contrapposti ma che dialogano tra loro».
Mimesi, il progetto
«L’intervento di riuso dell’ex sito estrattivo prevede interventi di carattere architettonico che, adattandosi ai dislivelli del sito estrattivo, si sviluppano a diverse quote con l’obiettivo di rendere attrattiva e fruibile l’intera cava. All’ingresso del polo sono concentrate le funzioni più pubbliche, ovvero una piazza ribassata al centro della quale si sviluppa un edificio per l’accoglienza degli utenti. Questo edificio, così come la biblioteca, presenta un piano interrato collegato al parcheggio. Procedendo dall’ingresso e seguendo la promenade digradante che si adatta alla topografia esistente, si accede al piazzale di cava basso con il complesso per lo sport e il benessere. Da questa piazza ribassata si dirama una passerella che, poggiandosi su un rilievo naturale, si alza verso un piccolo punto d’osservazione inserito all’interno di una torre di lavorazione preesistente. Questa struttura in acciaio si trasforma in un elemento simbolo del progetto, il cui valore è sottolineato anche dalla posizione centrale nel sito. Nella collina, tra folte alberature, si immergono i padiglioni museali all’interno dei quali viene proposto un percorso relativo alla storia della cava. Attorno al rilievo si sviluppa una risalita che conduce alla base del cliff ed alla parete d’arrampicata».
«Per enfatizzare l’elemento del cliff il progetto lavora sul piano verticale sfruttando le altezze per inserirvi diverse funzioni, tra cui il mirador e i bivacchi, che sono raggiungibili grazie all’ascensore, alle passerelle e alle vie ferrate. Dall’ingresso si diramano anche dei percorsi che conducono alle due aree laterali. A sinistra, costeggiando la lama d’acqua, si ammira la biblioteca che sorge solitaria in mezzo all’acqua. Procedendo si accede all’auditorium che ingloba un ex fabbricato industriale; accanto a questo edificio è presente un ascensore con il quale si può raggiungere il piazzale di cava alto ed accedere alla passerella che conduce alla parte alta del cliff. Invece, a destra dell’ingresso è stata progettata una wetland, ovvero una zona umida dove la vegetazione cresce incolta e si fonde con il paesaggio montano circostante. Tra la vegetazione si diramano numerosi percorsi che permettono di scoprire un habitat con fauna e flora locale».
La convivenza con il "verde"
La riqualificazione non può che innestarsi con l'ambiente circostante: «Come anticipato, le soluzioni ambientali adottate per ripristinare e valorizzare l’ambiente deturpato dall’attività estrattiva costituiscono uno dei punti cardine del progetto. Le ampie zone verdi vengono spesso trattate nel progetto come dei raingarden e, su superfici più estese, come dei bacini di bioritenzione; entrambe le soluzioni prevedono delle depressioni nel suolo – coperte di erba – che permettono raccogliere le acque meteoriche, drenarle, filtrarle e convogliarle in un sistema di accumulo per conservarle e riutilizzarle. I biobacini, più estesi rispetto ai raingarden, creano vere e proprie zone umide che implementano l’ecosistema locale. Entrambe le soluzioni di gestione delle acque sono affiancate dall’azione di treeplanting, ovvero la piantumazione di alberi che garantiscono la stabilità del suolo e partecipano al trattenimento degli inquinanti; inoltre, utilizzando specie endemiche si favorisce la ricostituzione ecosistemica locale».