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Federalberghi e Consorzio albergatori Lecco contro il decreto sostegni

Severino Beri: «Risorse insufficienti: non capiscono la portata di questa crisi». Fabio Dadati: «Senza un intervento deciso è a rischio il turismo lecchese»

«L'emergenza Coronavirus ha messo in ginocchio la ricettività lecchese. A poco più di un anno dalle prime chiusure, oggi le strutture alberghiere del territorio vivono una situazione complicata, resa ancora più difficile dall'incertezza sul futuro e dalla mancanza di risposte, e di risorse, da parte del Governo». L'atteso Decreto Sostegni ha provocato l'ennesima delusione e ha innescato una risposta decisa da parte del presidente di Federalberghi Lecco e vicepresidente di Confcommercio Lecco, Severino Beri, e del presidente del Consorzio Albergatori Lecchesi e consigliere di Federalberghi Lecco, Fabio Dadati, che aggiungono: «Le risorse per il turismo messe in campo dal recente Decreto non sono assolutamente sufficienti per aiutare le imprese del turismo a uscire dal disastro creato dalla pandemia».

Decreto sostegni al via: a chi è rivolto, come partecipare e fare domanda

A livello nazionale Federalberghi è già al lavoro per sollecitare l'adozione di interventi correttivi e migliorativi, durante l'esame di questo decreto e in vista dei futuri provvedimenti. «Sono tanti gli aspetti da migliorare. In primis chiediamo l'abolizione delle restrizioni agli spostamenti, ma anche interventi sulla liquidità con la copertura dei costi fissi che gravano sugli immobili, incentivi per la riqualificazione delle strutture ricettive e sgravi contributivi per le imprese che richiamano in servizio il personale».

Poi Beri e Dadati aggiungono: «Il Decreto Sostegni contiene interventi a pioggia, non mirati, che considerano solo il parametro della perdita di fatturato. Le risorse che saranno assegnate sono pari all’1% del fatturato 2019 e al 2,5% della perdita di ricavi del 2020 sul 2019. Inoltre, non tengono conto delle enormi perdite del primo trimestre 2021. Così non servono perché sono ininfluenti sulla possibilità di poter continuare la propria attività. La verità è che non ci hanno ascoltato: le richieste di Federalberghi e delle categorie di rappresentanza del turismo non sono state prese in considerazione, se non marginalmente».

«Abbiamo già perso la Pasqua e compromesso primavera e Ponti, che per le nostre strutture sono una fetta importante di fatturato»

«La situazione è molto difficile: sono molto preoccupato - rimarca il presidente Beri (nella foto sotto) - Se mi guardo indietro mi sembra di essere tornato a marzo 2020. La verità è che abbiamo già perso la Pasqua e compromesso la primavera e i Ponti, che per le nostre strutture rappresentano una fetta importante di fatturato. Il primo semestre è di fatto saltato e anche l'estate è a forte rischio, tanto che alcuni colleghi stanno pensando di non aprire. Senza una intensificazione della campagna vaccinale non si va da nessuna parte. Il passaporto vaccinale? Sono assolutamente favorevole, mi pare l'unica possibilità per riaprire le porte anche al turismo straniero che per il Lecchese è fondamentale».

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«Oltre ai vaccini io credo che si debba puntare sulle regole e sui controlli - aggiunge quindi Beri - Bisogna fare riaprire le strutture e verificare che vengano rispettate le norme. Che senso ha, ad esempio, imporre ai ristoranti il distanziamento dei tavoli, l'acquisto dei dispositivi di protezione e dei gel e poi impedirgli di aprire o consentire la ristorazione solo a pranzo e non a cena? Nel complesso comunque sono preoccupato per il comparto alberghiero lecchese. Chi non è in grado di autosostenersi dal punto di vista finanziario rischia di saltare. C'è il rischio che vengano svenduti immobili di pregio e che venga distrutto un tessuto imprenditoriale di qualità costruito con fatica negli anni».

Un concetto ampiamente condiviso anche dal presidente Dadati: «Se si continua su questa strada resisterà solo chi sarà in grado di finanziare direttamente la propria azienda: molte attività nel settore turismo (alberghi, ristoranti, bar) rischiano di cadere in mano a capitali stranieri o, peggio ancora, in quelle della malavita organizzata. Ci aspettavamo un aiuto concreto e una riforma delle Pmi in termini di costo del lavoro, ormai insostenibile, di adempimenti, di tassazione locale e nazionale. Nulla è stato fatto. Le tasse locali e nazionali non sono state cancellate ma solo rimandate. Senza dimenticare la beffa del canone Rai che è stato pagato da molti perchè la proroga è arrivata tardi».

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Poi continua con una considerazione amara. «Lo Stato ha dimostrato l’incapacità di gestire la pandemia in modo efficace con tracciamento, tecnologia, cura domiciliare - incalza Dadati - Se, nella prima fase, questo era accettabile, non lo è più stato dall’autunno in avanti, quando il tempo per riorganizzarsi c’era. Dover perpetrare dopo un anno, la chiusura degli esercizi pubblici e delle scuole, dovere nuovamente limitare la mobilità delle persone, rappresenta una dichiarazione di resa dello Stato di fronte alla pandemia. Per questi motivi protestiamo vivamente per la scarsa attenzione data al nostro settore e chiediamo ai rappresentanti politici del territorio di promuovere un’azione concreta: il Governo deve intervenire urgentemente per correggere quanto fatto, puntando anche a una garanzia pubblica su finanziamenti ventennali per la liquidità e gli investimenti».

Spazio quindi a un accorato appello: «Serve una risposta forte per dare la possibilità di sopravvivere ad un comparto che solo nella Provincia di Lecco occupa quasi 10.000 lavoratori e che fino a febbraio 2020 stava, finalmente, crescendo, con la prospettiva di un raddoppio degli occupati entro il 2030».

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