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Vaccino anti-Covid e terza dose: se, perchè e quando andrà fatta

Non c'è ancora certezza, ma per riuscire a completare il processo d'immunizzazione potrebbe anche essere necessario il secondo richiamo. O una seconda dose per i monodose come J&J. Ma in che tempi andrà fatta? Quali vaccini la richiederanno e quali no?

Il target che si vuole raggiungere è chiaro: vaccinare, entro settembre, l’80% della popolazione, 54,3 milioni di italiani, 12-15enni compresi. E l'immunità di gregge è un traguardo che si comincia ad avvistare e che potrebbe diventare realtà molto presto in alcune regioni: la Campania il 20 agosto, mentre la media nazionale è fissata intorno al 31. Abruzzo e Lombardia il 24, la Puglia il 26, il Molise il 29, il Lazio il 30. Tutte le altre a settembre. Ma per completare l'immunizzazione «potrebbe essere necessaria almeno un’ulteriore dose», come ha ammesso anche lunedì il commissario all'emergenza Francesco Paolo Figliuolo. Ovvero la terza per i vaccini che prevedono il richiamo o la seconda per i monodose come Janssen di Johnson&Johnson. 

Perché e quando andrà fatta la terza dose del vaccino contro il coronavirus

La terza (o seconda) dose sarà da somministrare quando l’effetto del primo ciclo, probabilmente a fine anno per i primi immunizzati, andrà calando. E richiederà un richiamo con i nuovi vaccini a quel punto già resettati in modalità anti varianti. Ma a cosa serve di preciso la terza dose del vaccino contro il coronavirus e quando andrà fatta? Tutto parte dal problema della durata dell'immunizzazione. Ad oggi nessuno può dire con certezza per quanto tempo la protezione sarà valida anche se, spiega oggi il Corriere della Sera, gli studi di fase 3 iniziati 8-9 mesi fa ci dicono che le persone vaccinate sono ancora protette e che in Gran Bretagna e in Israele, dove le vaccinazioni sono iniziate a dicembre, la protezione data dalle prime vaccinazioni è ancora valida.

In più, spiega ancora il quotidiano, non conosciamo il correlato di protezione, ovvero il livello numerico di risposta immunitaria che è dirimente per stabilire l'immunizzazione o la possibilità di essere ancora infettati dal coronavirus Sars-CoV-2. In teoria l'esposizione delle persone vaccinate al virus "rinfresca" la memoria immunitaria e rialza i livelli anticorpali. Per questo ci si basa su dati empirici derivanti dalla continua misurazione nel tempo della risposta immunitaria (anticorpale e di linfociti T) e dal numero direinfezioni nella popolazione già com pletamente vaccinata. La risposta immunitaria decresce con il tempo ma non si conosce quale sia il punto di caduta della protezione. 

Per questo si studiano i richiami vaccinali, che possono essere di due tipi: omologhi, ovvero contro lo stesso virus, o eterologhi. Nel secondo caso, che è tipico di virus come quello dell'influenza, ogni anno il vaccino va riformulato per contrastare un ceppo virale diverso. Se il richiamo sarà omologo, significa che la risposta immunitaria si va affievolendo rapidamente. Se sarà eterologo, allora si sarà reso necessario a causa delle nuove varianti. Che potrebbero aver trovato nel frattempo il modo per aggirare la protezione dei sieri. 

Quali vaccini potranno richiedere la terza dose e quali no?

Quali vaccini potranno rendere necessaria la somministrazione della terza dose? Ci sono sieri che invece potrebbero mantenere lo stesso alta la protezione? La risposta ad oggi è impossibile. E quindi, come spiega Sergio Abrignani, immunologo dell'Università degli Studi di Milano, «bisogna tenere conto che molti vaccini in uso sono prodotti su cui non c’è esperienza: i farmaci a Rna messaggero (come quelli di Pfizer e Moderna) non esistevano prima, i vaccini a vettore virale (come AstraZeneca e Johnson&Johnson) esistevano, ma non erano mai stati usati in modo estensivo per vaccinare intere popolazioni. Non sappiamo se una tipologia di vaccino fornirà una memoria più duratura rispetto a un’altra».

Ad oggi per la terza dose si immagina un orizzonte temporale che varia dai 6 ai 9 mesi fino a un massimo di dodici. Nicola Coppola, ordinario di malattie infettive e direttore della divisione al Policlinico Vanvitelli di Napoli, dice oggi al Mattino che già a settembre il tema potrebbe finire sul tavolo del commissario perché saranno trascorsi nove mesi dalla prima dose somministrata a medici e personale sanitario. Anche secondo Anthony Fauci un richiamo dei vaccini sarà necessario entro dodici mesi. E, secondo Coppola, potrebbe essere una buona idea quella di somministrare un vaccino diverso come terza dose rispetto ai due con cui si è fatta la prima e il richiamo. Alternando i vaccini ad adenovirus come AstraZeneca e Johnson & Johnson con quelli a mRna come Pfizer-BioNTech e Moderna. E questo allo scopo di indurre una risposta immunitaria più forte. 

Il mix con la seconda dosi, nei pochi studi in cui è stato analizzato, per ora non ha rilevato particolari controindicazioni. Di certo la Gran Bretagna ha annunciato l'avvio della prima sperimentazione su larga scala dell'efficacia del richiamo del vaccino contro il coronavirus. Nel trial saranno usati AstraZeneca, Pfizer, Moderna ma anche Novavax, Valneva, J&J e Curevac. Negli Usa la sperimentazione della terza dose è già partita. Con un dosaggio inferiore e contro la variante sudafricana. Basteranno pochi mesi per avere una risposta definitiva. 

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