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Cronaca Casatenovo

Brianza, la Candy va in Cina e in Russia: a casa 373 lavoratori

Nessun futuro per i dipendenti della storica azienda di elettrodomestici

È un addio definitivo quello che  Candy, azienda di elettrodomestici nata in Brianza, dà al sito produttivo di Brugherio, a poco più di un anno di distanza dalla chiusura dello stabilimento di Santa Maria Hoè.

Scadrà infatti il prossimo 13 ottobre il contratto di solidarietà per i 373 dipendenti, molti dei quali arrivano dalla Brianza lecchese, sul cui futuro l'azienda non ha lasciato spazio a dubbi durante l'incontro che si è svolto ieri con lavoratori e sindacati: per loro infatti non ci sarà più posto, poiché l'azienda ha annunciato di voler diminuire ulteriormente la produzione dell'impianto di Brugherio, dislocandola soprattutto in Cina e in Russia.

Non si sa ancora quando e come rimarranno a casa i 343 operai e i 30 dipendenti dell'amministrazione, che dall'incontro di ieri 29 settembre speravano di uscire con un rinnovo del contratto di solidarietà alle stesse condizioni di quello attuale. Per loro, invece, una amarissima sconfitta.

«Il contratto di oggi - ha spiegato Pietro Occhiuto, segretario generale Fiom Cgil di Monza e Brianza, a MonzaToday - prevede quattro ore di lavoro e quattro in solidarietà. L’azienda, invece, vorrebbe che nel 2016 si aumentassero le ore di solidarietà, diminuendo inevitabilmente le ore di lavoro effettivo». 

Una premessa che non lascia adito a dubbi sul fatto che l'azienda starebbe preparando il terreno per i licenziamenti: «Noi stiamo trattando per bloccare gli esuberi per almeno un anno, ma è chiaro - ammette Occhiuto - che, finiti gli ammortizzatori sociali, l’azienda procederà con i licenziamenti. È palese che hanno intenzione di lasciare qui a Brugherio soltanto la parte amministrativa e di chiudere, prima o poi definitivamente, tutta l’unità produttiva». 

Numeri alla mano, aggiunge MonzaToday, Candy vorrebbe portare la produzione brianzola da 380mila lavatrici all’anno a 330mila: un calo di cinquantamila unità che costerebbe il posto di lavoro a 373 lavoratori. E per nessuno di loro, almeno per il momento, sarebbero previsti piani di ricollocamento o reinserimento nel mondo del lavoro.

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