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Cronaca

Brennero, anche gli agricoltori lecchesi in protesta per difendere Made in Italy e trasparenza

La Coldiretti di Lecco e Como in presidio contro le politiche europee sulle materie prime alimentari

Anche una larga rappresentanza di agricoltori lecchesi si è unita, ieri 7 settembre, al presidio organizzato alle frontiere del Brennero dalla Coldiretti per denunciare gli effetti dei ritardi e delle omissioni dell’Unione Europea, che favoriscono le speculazioni alla base dell’abbandono delle campagne italiane, con effetti irreversibili sull’occupazione, sull’economia e sull’ambiente.

La delegazione lecchese, in protesta con i "colleghi" dell'altro ramo lariano sotto la sigla di Coldiretti Lecco e Como, ha partecipato guidata dal presidente provinciale Fernando Fortunato Trezzi e dal direttore Francesco Renzoni: «Sotto accusa - fanno sapere i due - è una Europa che chiude le frontiere ai profughi e le spalanca ai traffici di ogni tipo di schifezza alimentare, sulle quali si fanno affari a danno degli agricoltori e dei consumatori. Autobotti, camion frigo, container saranno verificati senza tregua dagli agricoltori per smascherare il "finto Made in Italy", dai prosciutti ai pomodori, ma anche il commercio di surrogati e sottoprodotti che abbassano la qualità, come le polveri di latte e le cagliate da utilizzare per fare formaggi al posto del latte vero senza indicazioni in etichetta».

L'assenza di regole sulla provenienza e sulle caratteristiche dei prodotti, infatti, porta a una concorrenza insostenibile, con prezzi riconosciuti agli agricoltori che sono scesi al di sotto dei costi di produzione, con la drammatica chiusura delle aziende e senza alcun beneficio per i consumatori, come dimostra il dossier elaborato dalla Coldiretti.

Dopo una giornata a bloccare il valico autostradale, la protesta sta andando avanti anche in queste ore. «Dall’inizio della crisi sono state chiuse in Italia oltre 172mila stalle e fattorie, ad un ritmo di oltre 60 al giorno, con effetti drammatici sull’economia, sulla sicurezza alimentare e sul presidio ambientale  fanno sapere ancora Trezzi e Renzoni - Sono oggi meno di 750mila le aziende agricole sopravvissute in Italia ma, se l’abbandono continuerà a questo ritmo, in 33 anni non ci sarà piu’ agricoltura lungo la Penisola, con conseguenze devastanti sull’economia, sull’occupazione e sull’immagine del Made in Italy nel mondo, ma anche sulla sicurezza alimentare e ambientale dei cittadini. Bisogna cambiare verso anche in agricoltura, dove la chiusura di un’azienda significa  maggiori rischi sulla qualità degli alimenti che si portano a tavola e minor presidio del territorio, lasciato all’incuria e alla cementificazione».

Sono due, secondo l'associazione, i "furti" ai quali è sottoposta giornalmente l’agricoltura: da una parte il furto di identità e di immagine, che vede sfacciatamente immesso in commercio come italiano cibo proveniente da chissà quale parte del mondo, dall'altra il furto di valore aggiunto che vede sottopagati i prodotti agricoli senza alcun beneficio per i consumatori per colpa di una filiera inefficiente. 

«Come ha sottolineato il nostro presidente nazionale Roberto Moncalvo, rischiamo di perdere un patrimonio del nostro Paese sul quale costruire una ripresa economica sostenibile e duratura che faccia bene all’economia all’ambiente e alla salute - concludono i responsabili provinciali - l’invasione di materie prime estere spinge prima alla svendita agli stranieri dei nostri marchi più prestigiosi e poi alla delocalizzazione delle attività produttive». 

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