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Sequestrati 4 milioni alla Beretta. L'azienda non si nasconde: “Collaboriamo con le autorità”

Il colosso nato a Barzanò fornirà “tutti i documenti e le informazioni che verranno richieste”

Si muove il caso della Fratelli Beretta. Il colosso nato oltre duecento anni fa a Barzanò, che da tempo ha la sua sede centrale a Trezzo sull'Adda (Milano), replica dopo il sequestro milionario messo a segno mercoledì dalla Guardia di Finanza di Lecco su disposizione della Procura di Milano. A fronte dell’indagine per l’ipotizzata frode fiscale della società nell’ambito del ricorso a prestazioni di lavoro dal mondo cooperativo per lo svolgimento di alcune attività accessorie alla produzione, “Fratelli Beretta S.p.A. si è immediatamente attivata per offrire la più ampia collaborazione all’autorità giudiziaria e per fornire tutti i documenti e le informazioni che verranno richieste”, si legge in una nota diffusa dall'azienda nel pomeriggio di giovedì 15 aprile.

La Fratelli Beretta, “consapevole della correttezza del proprio operato, attende con fiducia tutte le verifiche e gli approfondimenti ritenuti necessari da parte degli inquirenti e si augura una rapida valutazione delle buone ragioni della nostra società”, prosegue e si conclude la nota.

Le indagini e il sequestro alla Fratelli Beretta

Manodopera a basso costo e concorrenza sleale. Sono le accuse mosse dalla Procura di Milano nei confronti del Salumificio Fratelli Beretta che hanno portato a un sequestro milionario eseguito dalla Guardia di Finanza di Lecco. La Procura ha, infatti, dato mandato per sequestrati ben 4 milioni di euro alla storica società nata a Barzanò, mettendo sotto accusa il legale rappresentante Vittore Beretta. Al centro dell'inchiesta, come detto, c'è la gestione della manodopera all'interno degli stabilimenti, in particolare sotto indagine sono finiti i canali di reclutamento della manodopera attraverso cooperative esterne, utilizzate come 'serbatoi' di dipendenti.

Dopo l'indagine delle Fiamme gialle di Lecco, il gip Tommaso Perna, accogliendo la richiesta del pm milanese Paolo Storari, ha contestato l'utilizzo strumentale di manodopera fornita da alcune cooperative e ha disposto il sequestro di 9 milioni di euro a carico di più coop facenti capo a un unico fornitore di manodopera del gruppo, oltre che di 4 milioni di euro direttamente alla società nota per la produzione di salumi e che risulta indagata in base alla legge 231 del 2001 sulla responsabilità amministrativa. Si tratta dell'ultima tappa di un giro di inchieste sui serbatoi 'patologici' di manodopera da parte della procura di Milano, l'ultimo filone riguardava l'ortofrutta all'ingrosso del gruppo Spreafico&Fratelli di Dolzago. È proprio da quest'ultimo filone dell'ottobre scorso che è poi nato quello nuovo sul salumificio Fratelli Beretta, perché il referente delle coop di manodopera messe a disposizione del primo gruppo di ortofrutta avrebbe fornito lo stesso servizio di aggiramento fiscale anche al gruppo dei salumi.

Le indagini della Finanza sulla Beretta

Le indagini della Guardia di finanza di Lecco avrebbero evidenziato "l'evasione dell'imposta sul valore aggiunto mediante l'emissione e annotazione di fatture false, con conseguenti benefici fiscali sia per la committente principale, sia per le società cooperative che si alternavano nel tempo, creando il cosiddetto fenomeno della transumanza dei lavoratori". In sostanza, attraverso alcune cooperative "veniva fornita manodopera a basso costo, in regime di concorrenza sleale e in evasione d'imposta, ai committenti". L'effetto generato "era quello di ridurre illegalmente i costi di 'struttura' (fiscali e del lavoro) cui conseguiva la massimizzazione dei profitti e vantaggi di competitività sul mercato".

Inoltre, gli accertamenti di polizia economico-finanziaria avrebbero fatto emergere come le società "non abbiano adeguato il proprio modello organizzativo alla nuova disciplina prevista in tema di responsabilità amministrativa degli enti (Decreto legislativo 231/2001), la quale ricomprende, tra i reati presupposto, anche la dichiarazione fraudolenta mediante l'utilizzo di fatture per operazioni inesistenti". Alla luce delle evidenze investigative raccolte, il gip di Milano ha emesso il provvedimento cautelare, finalizzato alla confisca, nella forma diretta e per equivalente, di disponibilità finanziarie, di beni mobili ed immobili a carico delle persone fisiche e giuridiche “che avrebbero beneficiato dell'ipotizzato meccanismo fraudolento posto in essere”.

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