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Mercoledì, 24 Aprile 2024
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Intervista a Livio Gianola: il premanese è “maestro delle otto corde”

In occasione dell'uscita del libro “Studi ed esercizi – Seconda parte”, intervista a Livio Gianola.

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di LeccoToday

La recente pubblicazione di “Studi ed esercizi – Seconda parte” è stata l’occasione giusta per rivolgere “otto” domande al chitarrista e compositore di fama mondiale, Livio Gianola. Una tecnica straordinaria che ammalia chi osserva le sue mani eseguire, con estrema naturalezza, virtuosismi difficili da descrivere con le sole parole. Una maestria tale da portare Livio Gianola a sviluppare uno stile musicale del tutto personale, in cui flamenco e musica classica convivono e si elevano. Raggiunto a Bergamo dove attualmente risiede, dopo l’incertezza legata alla fase iniziale dell’emergenza Coronavirus, in cui le sue mani – quasi emotivamente “anestetizzate” e svuotate da tutto ciò che stava accadendo in Italia e, soprattutto, in Lombardia – si muovevano meccanicamente sulla chitarra: ecco cosa il “Maestro delle otto corde” ci ha confidato sui suoi progetti futuri e non solo. Sulla scia del successo della primo libro, lo scorso marzo (2020), è stato pubblicato “Studi ed esercizi – Seconda parte”, la nuova serie di studi ed esercizi per chitarra classica e flamenco.

Cosa può dirci di più su questo suo ultimo lavoro? «Questa nuova serie di studi ed esercizi, è il naturale proseguimento del lavoro iniziato diversi anni fa con la prima pubblicazione. Qui però, ho cercato di mettere a disposizione degli studenti e degli appassionati, delle composizioni di più ampio respiro, studi che abbiano oltre che una funzione didattica anche le caratteristiche per essere proposti come brani da concerto. In più di un caso io stesso propongo alcune di queste composizioni nelle mie esibizioni sia pure in una versione modificata per la mia ottocorde». Il Flamenco crea un legame indissolubile tra lei e la Spagna. Non è un caso che, passando brevemente in rassegna il suo percorso artistico – tra le altre cose – lei è l’unico compositore-musicista non spagnolo ad aver scritto musica per il prestigioso Spanish National Ballet, oltre che per il ballerino e coreografo spagnolo Antonio Canales. Alla luce di tutto ciò, quando e cosa ha fatto scattare in lei la scintilla, la passione per questo genere di musica e di danza? «Essenzialmente tutto è cominciato durante gli ultimi anni di conservatorio, un’epoca in cui sentivo nascere in me l'esigenza di suonare la mia musica (cosa che ancora oggi in quell'ambito viene in parte scoraggiata). Il flamenco oltre che affascinarmi per il suo esotismo e per ovvi aspetti tecnici, è un genere nel quale è necessario che il musicista sia creatore e esecutore, fu quindi abbastanza naturale per me immergermi in quel mondo. Non fu facile, a quei tempi (anni ‘80) non esisteva internet ed erano pochissimi i testi o i dischi che si potevano trovare, forse anche grazie a questo ho poi sviluppato uno stile così personale che mi ha permesso di essere apprezzato poi in Spagna».

La critica specializzata l’ha definita il "Maestro della Chitarra otto corde”. Per alcuni dei suoi estimatori, i suoi virtuosismi stilistici sono così elevati da essere considerati una sorta di “teofania”, una manifestazione sensibile della divinità. Insomma, prendendo in prestito le parole di Franco Battiato: “un rapimento mistico e sensuale” imprigiona alle corde della sua chitarra chi l’ascolta. È consapevole di suscitare tale effetto? «Rispondere di sì a questa domanda suonerebbe piuttosto presuntuoso, si potrebbe facilmente pensare che l'ambizione di qualunque artista o musicista sarebbe di raggiungere un tale risultato. Per quanto mi riguarda, però, mi sono sempre preoccupato prima di tutto di raggiungere una creazione o ottenere una esecuzione che soddisfi prima di tutti me stesso, (sono il mio peggior critico in un certo senso) ma è chiaro che ricevere elogi e attestati di ammirazione è un carburante essenziale per proseguire questa attività che è fondamentalmente una ricerca interiore». Restando in un certo senso in tema di spiritualità, passando in rassegna le tracce incluse nel suo ultimo lavoro discografico “Otto corde” (2019), tra queste troviamo “Sicomoro” (componimento facente parte di “Otro Sitio” (2014), un altro dei suoi lavori discografici), un albero antichissimo diffuso in africa e in Medio Oriente. Ritenuto sacro e simbolo di immortalità per la civiltà egizia, nella Bibbia esso rappresenta l’albero della vita e della salvezza dell’uomo.

Data la peculiarità di tale elemento – che si discosta un po’ dal fil rouge che in qualche modo collega la sua produzioni artistica – cosa ha ispirato il suo “Sicomoro” e qual è il suo rapporto con la spiritualità? «Temo che la risposta a questa domanda suoni un po’ come una delusione. In effetti non c'è niente di mistico o religioso nella scelta di questo titolo, l'utilizzo del termine "Sicomoro" è legato piuttosto a un aneddoto vissuto qualche anno fa, nel laboratorio di un amico liutaio Spagnolo. Mi trovavo lì a provare un po’ di strumenti e inspiegabilmente l'occhio mi cadde su una chitarra che giaceva semi-nascosta dietro una cassa; chiedendogli di cosa si trattasse mi rispose tra l'imbarazzo e il fastidio: "È un esperimento, uno strumento in sicomoro che ho abbandonato perché non ha una buona resa". In effetti non aveva tutti i torti era una chitarra di poco conto ma più tardi quando mi ritrovai da solo non potei evitare di pensare quasi a malincuore a quel povero albero i cui legni erano stati tagliati inutilmente. Chissà forse c'è ugualmente qualcosa di mistico in questo».

Tornando al suo libro “Studi ed esercizi – Seconda parte”, quest’ultimo è uscito in un periodo particolare per l’Italia e non solo, ovvero in piena emergenza da Coronavirus. Tra l’altro, lei è nato in Lombardia e, attualmente, vive a Bergamo. Regione e città tra le più colpite (in Italia, n. d, r.) dal Covid-19. Maestro, come ha affrontato questo periodo? Potrebbe tutto ciò aver sfiorato le corde del suo animo al punto tale da sentire il bisogno di tradurlo in musica? «Non c'è nessuna relazione tra l'uscita del libro e la quarantena covid se non il fatto che essendo forzatamente inattivo con concerti e altro ho approfittato di quel periodo per definirne la stesura (in realtà la maggior parte del lavoro era già stato completato precedentemente). È vero però che quei giorni, (soprattutto la grande incertezza della fase iniziale) hanno influito molto sul mio modo di vivere la musica e il mio lavoro in generale, è difficile spiegarlo a parole ma, per diverse settimane, le dita si muovevano sullo strumento in maniera meccanica senza che ad accompagnarle fossero il cuore o la testa».

Durante la Fase 1 della pandemia, seppure a distanza, la musica ha fatto sentire uniti gli italiani. Adesso, però, mentre quasi tutti i settori stanno ritornando ad una parvenza di normalità, i concerti musicali dal vivo e – in generale – il mondo della danza, del teatro e dello spettacolo, sono ancora in stand-by. Quale stato d’animo suscita in un artista tale “silenzio assordante”? «Direi una buona dose di delusione anche se non del tutto inaspettata. Vivendo a Bergamo ho avuto modo di rendermi conto che con questo virus bisogna essere cauti, ma la sensazione che la mia categoria sia sempre l'ultima ruota del carro è sempre più fastidiosa. In effetti avendo avuto la possibilità di viaggiare spesso all'estero in questi anni, ho potuto verificare di persona la diversa considerazione che si ha oltre confine della musica e dell'arte in generale. Soprattutto nel nord Europa si ha un rispetto molto più elevato per chi fa il mio mestiere che viene considerato fondamentale per la crescita di una società civile».

Fino ad ora abbiamo parlato delle sue produzioni passate. Con l’auspicio che anche il mondo della musica trovi presto il suo nuovo equilibrio, così da poterla ascoltarla anche dal vivo (oltre che attraverso i suoi cd): a cosa sta lavorando ora? Progetti futuri? «Proprio pochi giorni prima dello scoppio della pandemia mi trovavo a Roma per il missaggio definitivo del mio "Concierto para un'alma noble" un lavoro per chitarra e orchestra del quale sono orgoglioso e che spero possa vedere presto la luce». Infine, un’ultima curiosità. Se dovesse descriversi con un accordo quale sceglierebbe? «Impossibile rispondere; ogni giorno abbiamo un umore diverso, proviamo sentimenti e sensazioni diverse... un accordo solo non basta». Questo perché, come ha scritto Victor Hugo (ne “I canti del crepuscolo”): “La musica esprime ciò che non può essere detto e su cui è impossibile rimanere in silenzio.”

Rosy Merola

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