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Dopo l'impegno tra i poveri, l'incarico in seminario. Il sacerdote ingegnere torna nella sua Mandello e si racconta

Don Tommaso Frigerio, laureato, ha celebrato messa a Somana parlando della sua esperienza prima in Sud America e ora nella Bergamasca: «La pandemia? Non sempre ha reso le persone migliori»

Dopo un'esperienza di sei mesi a San Salvador in Brasile e un'altra di due anni a San Luis in Perù con l'Operazione Mato Grosso, nel 2002 venne ordinato sacerdote nella diocesi di Bergamo, dove oggi svolge attività di animatore vocazionale nel seminario di Città Alta. Domenica 30 agosto, don Tommaso Frigerio è tornato nella natìa frazione di Somana a Mandello e sull’altare della chiesa dedicata a Sant'Abbondio - patrono anche della diocesi comasca - ha presieduto la concelebrazione della messa festiva. Con lui don Giuliano Zanotta e il vicario don Andrea Mombelli. Al termine del rito abbiamo incontrato il don Tommaso che nel suo curriculum scolastico "vanta" anche una laurea in ingegneria.

Com'è andato il rientro a casa, anche se solo per pochi giorni?

«Mi ha fatto piacere aver celebrato messa a Mandello e sono felice di essere qui. Io credo che il Signore abbia un desiderio per ciascuno di noi, per le nostre comunità. Il tempo di Somana e quello di Mandello è quello vicino alla Chiesa tutta, che deve fare i conti con un calo nei numeri dei fedeli e dei sacerdoti. Viviamo una fase di passaggio. Il Signore ha un desiderio per ciascuno di noi per le nostre comunità. Nel momento in cui riusciamo a guardare alla storia, non come alla somma di tanti sgambetti che ci vengono tesi, ma al contrario come a un'occasione per rinnovarci ed essere più aderenti al Vangelo, il Signore non mancherà di farci sentire la sua presenza».

Com'è nata la sua vocazione durante l’esperienza con il Mato Grosso?

«Ho avuto l’occasione di conoscere in quei contesti sacerdoti dell'operato esemplare e operoso, li ho visti dedicarsi ai bisognosi, impegnarsi a favore dei giovani e dei poveri. In questo contesto ho pensato che anche la mia vita avrebbe potuto avere un percorso sulla scia dei loro passi. Poi la fede cresce. L’impegno concreto, lo sporcarsi le mani per gli altri penso siano le matrici della mia vocazione».

Bergamo e la sua provincia fino al Bresciano hanno sofferto moltissimo questa pandemia. Cosa ci lascia questa vicenda interiormente?

«Non è una risposta facile. Si potrebbe dire che è emersa la migliore umanità delle persone, ma purtroppo non sempre è stato così. In tante occasioni è uscito il peggio. Penso a quando si è cercato qualcuno a cui far pagare per forza il costo di questo disastro, pur consci delle responsabilità umane legate a questa pandemia, quasi a volere sistemare con ciò la nostra coscienza personale. Siamo fuori strada. In questo caso ci troviamo di fronte a una malattia, è stata una disgrazia che ha messo in luce le nostre fragilità. Dobbiamo cercare consolazione e speranza nel Signore. Se noi siamo deboli c’è qualcuno che è forte. Dobbiamo affidarci a Lui non con vuote preghiere, ma con l’impegno concreto».

Ai giovani, a coloro che si accingono a fare delle scelte nella propria vita cosa si sente di dire?

«Senz’altro il primo pensiero è quello di non avere paura e di lasciarsi illuminare. Ci sono degli spazi nella vita, fatti di  vuoto e talvolta li riduciamo ad una scatolina da mettere in fondo al cuore. Nel momento in cui troviamo la compagnia di una persona, di un padre spirituale, di un fratello maggiore, di qualcuno che ci possa accompagnare, allora le nostre paure hanno necessità di essere raccontate e lette. Scoprendo che non erano poi cosi spaventose. Ai giovani, e più in generale a chi si accorge di avere delle domande dentro di sè, consiglio si aprirsi, di confrontarsi».

Un pensiero per il suo paese di origine?

«Sono qui oggi per la Festa patronale a Somana, abbiamo sempre bisogno di confrontare la nostra storia personale con il Signore. E abbiamo sempre la necessità di tornare alle origini, per trovare lo slancio per il domani. Io ora sono impegnato come animatore per le vocazioni in Seminario a Bergamo dopo un periodo in una parrocchia orobica. Appena posso mi fa piacer tornare a Mandello e in questa frazione dove abitano i miei famigliari».

(Si ringrazia Alberto Bottani per la collaborazione)

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