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Fascendini va in pensione e racconta i suoi 40 anni nei Vigili del Fuoco

Dai soccorsi nelle operazioni antincendio agli interventi come sommozzatore: «Un lavoro che mi ha dato tanto dal punto di vista umano, e che porterò sempre con me»

Una vita lavorativa nei Vigili del Fuoco, Corpo nazionale di soccorso e pronto intervento al quale resterà sempre legato. Va in pensione Luciano Fascendini, noto e apprezzato pompiere e sommozzatore lecchese, a lungo residente tra Mandello e Abbadia e ora in Brianza. Lo abbiamo intervistato per ripercorrere il suo impegno professionale durato 40 anni, nei quali sono state diverse le importanti operazioni di salvataggio e vicinanza alla popolazione che hanno visto Fascendini coinvolto in prima persona. Un lavoro, quello di Vigile del Fuoco, che per Luciano è diventata passione, una passione che ha animato anche la sua famiglia. 

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Tuo padre e tuo fratello come te Vigili del Fuoco. Nell’ordinario e nelle emergenze, un lavoro che va oltre l'ambito professionale, in molte situazioni ti coinvolge anche personalmente. Quali riflessioni in merito?

«Sono passati oltre 40 anni da quando indossai per la prima volta l’elmo di Vigile del Fuoco. Sono un figlio d’arte. Oltre a me c’è un altro fratello ancora in servizio. In un periodo della mia vita professionale eravamo stati perfino in quattro della famiglia Fascendini ad indossare la divisa da pompiere. Parlo del 1986-87 con mio padre operativo nel mio stesso turno, i miei fratelli Francesco in altra turnazione e Giuseppe da ausiliario. Un caso di livello nazionale con quattro componenti dello stesso nucleo a prestare lo stesso servizio. Anche se non la ritenevo una situazione da leggere in positivo dato il timore di eventuali incidenti che avrebbero potuto richiedere l'intervento di più componenti della stessa famiglia. Quando si entra in azione occorre agire con freddezza, scaltrezza, per la soluzione dei problemi, nonostante le paure. Ricordo la chiamata da una fonderia di Olginate dove si paventava il pericolo di crolli per le alte fiamme. Lì ero con mio fratello Giuseppe e ammetto di aver provato veramente paura, essendo a capo dell’operazione».

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Oltre quarant'anni di attività e un enorme bagaglio di ricordi, con le paure, le emozioni, gli obiettivi raggiunti e mancati. Cosa porti con te ora che vai in pensione?

«Oltre 40 anni, una vita dedicata a questo lavoro. Ricordi, paure, emozioni. Sono molteplici i sentimenti vissuti. È come aprire un libro di tantissime pagine con una storia, un racconto, una fotografia ben precisa. Un lavoro che ti lascia un segno. La paura è normale. Essa va controllata con le emozioni. Ho iniziato nel 1980 vivendo l’esperienza del terremoto in Irpinia. Una tragedia di vittime con interi paesi distrutti. Ancora oggi ricordo tutto chiaramente. Ho sempre cercato di migliorare professionalmente soprattutto negli interventi subacquei. Ho acquisito la forza di governare le paure, guidato dall’obiettivo di risolvere i problemi. A volte il dolore di dover recuperare corpi senza vita, in tante altre occasioni più fortunate la gioia di portare a termine dei salvataggi. Momenti di sconforto li ho avuti. Quando le vittime erano giovani, o bambini o persone suicide. Di fronte a questi ultimi, spesso, mi interrogavo sul perché dei gesti estremi».

Tra i tuoi interventi anche quello in mare per recuperare i corpi dei migranti purtroppo annegati mentre erano alla ricerca di una vita migliore. Una vicenda che ti ha provato interiormente...

«Sì, è così, una vera tragedia che ricordo chiaramente. Era il 10 ottobre 2013 a Lampedusa. Si trattava una missione di recupero molto difficile sotto l’aspetto umano. 365 vittime. Le bare con i corpi, composti in una palestra sull'isola, sono ancora impressi nella mia mente. Fu un momento molto forte per me, affrontato con altrettanta forza e decisione. Mi chiedevo il perché della fuga di tante persone dai loro Paesi su barconi di fortuna in cerca di mondi nuovi. La risposta era ed è legata alle tante ingiustizie che, purtroppo, ancora troppe persone devono subìre nelle loro terre».

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Dai primi giorni di aprile sei dunque in pensione. Ci hai confidato che non hai intenzione di "appendere le pinne al chiodo". Cosa farai dunque?

«Forse non ho ancora realizzato che da oggi (1° aprile ndr) entro in un mondo nuovo. Una nuova vita da pensionato, con la fortuna di aver raggiunto questo obiettivo. Mi ritengo fortunato. Ho lavorato oltre 43 anni e un mese. Questo lavoro mi ha permesso di conoscere tantissime persone. Ciò che mi mancherà saranno i colleghi. I tantissimi di ogni parte della Penisola ho avvicinato nel corso della mia carriera. Mi ritengo un po' poliglotta, nell’aver appreso i vari idiomi. Dal dialetto ligure a quello pugliese fino alla parlata toscana  che ho avuto modo di incrociare. Non appenderò le pinne al chiodo. La subacquea è per me una passione, mi piace andare sotto le acque. Quindi continuerò ad amare questo mondo. Non nascondo che, se avessi potuto, il mare sarebbe stata la tappa finale a vivere in quel contesto lavorativo. Un ambiente che va difeso e custodito. Continuerò a fare le immersioni: dove non c’è gravità e ti trovi fuori dal mondo col solo rumore delle bolle del tuo erogatore e dove ogni angolo e anfratto del fondale nasconde qualcosa di emozionate e bello. Ecco perché non appendo le pinne al chiodo e continuerò ad amare i fondali».

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A livello locale ti sei impegnato in passato anche in ambito politico e amministrativo. Oggi ti riconosceresti ancora in questo mondo in continua evoluzione?

«Questa tua ultima domanda mi mette in difficoltà. Devo guardare indietro nel tempo. Questa passione che ho sempre coltivato ha avuto parte nel modificare la mia vita stravolgendola in qualche misura. Cercare di fare politica sana è come entrare in un tritacarne da cui si fatica ad uscirne. Io sono un uomo di sinistra, mi ritengo un vecchio comunista, una parola che non esiste più. Sono cambiati il mondo e la società, oggi faccio fatica a trovare una collocazione. I miei pensieri e i miei fondamentali rimarranno sempre legati a quel pensiero. Nelle giunte di Mandello e Abbadia e nella Comunità Montana ho dovuto abbandonare alcune mie posizioni. Non radicali, non estreme ma con un'impronta molto forte. Dall’ambiente alla salute pubblica, alle battaglie dei lavoratori, ai diritti umani: questi sono valori in cui credo e ho sempre creduto. Sono contro i movimenti, sono ancora per i partiti. Rimango e sarà sempre un uomo di sinistra con gli ideali molto forti».

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Luciano Fascendini ha anche scritto una lettera di saluto ad e collaboratori, ripercorrendo a sua volta le proprie tappe professionali di questo lungo cammino durato ben 43 anni. Vi proponiamo, di seguito, il pensiero che il mandellese ha voluto mettere nero su bianco.

Non è semplice trovare le parole per un passaggio così importante della propria vita.
Sono passati oltre 40 anni dal momento in cui ho messo piede in una caserma fin dal lontano 1980, anno in cui indossai per la prima volta l'elmo da intervento....

A dir la verità, sono nato in una caserma dei Vigili del fuoco, in quel di Lomazzo della provincia di Como, come si dice in gergo figlio d'arte. Ausiliario, permanente e poi la grande svolta… sommozzatore VVF. una delle specializzazioni che hanno radici lontane 1952.

Ho avuto la fortuna di incontrare nel mio corso da sommozzatore persone che mi hanno forgiato e dato una impronta alla mia vita professionale. Cav. Duilio Marcante padre della subacquea, Prof. Luigi Ferraro Medaglia d'Oro al Valor Militare, Ing. Gino Lo Basso Comandante VVF. Napoli e uno dei primi ufficiali sommozzatori, Ing. Giorgio Chimenti Comandante VVF. Genova e ufficiale sommozzatori, Geom. Vittorio Barilli Istruttore e Direttore dei corsi sommozzatori...pionieri della subacquea italiana a livello internazionale.

Ho ben impresso nella mia mente nella mia memoria questi lunghissimi anni, pieni di lavoro svolti con grande dedizione, passione e professionalità. Ho sempre creduto nel lavoro che facevo e non mi davo mai per vinto anche nei momenti più difficili e tristi, questo è il messaggio che intendo lanciare in particolare alle nuove leve! credere nel lavoro più bello del mondo il vigile del fuoco.

Mi fa uno strano effetto e mi si stringe il cuore pensare che sono l'ultimo del XII corso sommozzatori che termina la sua carriera, sono orgoglioso di aver fatto parte di questa grande famiglia. Dal 1° aprile sarò in pensione, questo mie righe che Vi giungono, intendono ringraziare e salutare tutti coloro i quali in questi anni mi hanno affiancato in questo lungo cammino. Le pinne non le attacco al chiodo, continuerò ad amare la subacquea.

Auguro a tutti Voi buona fortuna. Luciano

(Si ringrazia Alberto Bottani per la collaborazione)

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