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Venerdì, 26 Aprile 2024
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Autotrapianto di cuore all'ospedale di Lecco, il delicato intervento praticato in pochi centri al mondo

Operato con esito positivo, nel reparto di cardiochirurgia del Manzoni, un paziente di 58 anni. Ecco i dettagli dell'operazione necessaria per asportare una neoformazione

Autotrapianto di cuore all’ospedale di Lecco. La scorsa settimana presso la Cardiochirurgia dell’ospedale Manzoni è stato eseguito con successo il delicato intervento che - a causa del suo elevato livello di complessità e per il fatto che esso richiede la presenza di un’equipe chirurgica con  esperienza nel trapianto cardiaco - viene ad oggi praticato molto raramente e solo in pochi centri al mondo. L’intervento è stato eseguito su di un uomo di 48 anni che presentava da alcuni mesi una sintomatologia addominale di difficile interpretazione. Dopo ripetuti accessi al Pronto Soccorso, al paziente era stata diagnosticata la presenza di una voluminosa neoformazione situata all’interno dell’atrio sinistro, la più posteriore e di difficile accesso delle quattro camere cardiache.

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«All’interno dell’atrio sinistro si può accedere tramite un’incisione di pochi centimetri sufficiente per riparare o sostituire la valvola mitrale, ma certamente troppo piccola per asportare una massa di circa 10 cm di diametro con un’ampia e profonda base di impianto. Si è ricorsi pertanto ad una tecnica molto particolare denominata appunto “autotrapianto’” - spiega il dottor Amando Gamba, direttore del Dipartimento Cardiovascolare di Asst Lecco - Attraverso l’autotrapianto il cuore viene rimosso dalla cavità toracica per  permettere di asportare la neoformazione dall’atrio sinistro con maggior facilità. Al termine dell’operazione si procede a reimpiantare il cuore con la stessa tecnica utilizzata per il trapianto cardiaco, ma con qualche difficoltà in più a causa della presenza di margini di sutura più ristretti e per via della necessità di eseguire una anastomosi diretta delle due vene cave non sempre di facile esecuzione».

Durante la complessa operazione, il cuore è stato tenuto ad una temperatura di 4 gradi in un contenitore con acqua e ghiaccio, mentre la circolazione e l’ossigenazione del sangue per tutto l’organismo è stata garantita dalla macchina cuore-polmoni (detta anche circolazione extracorporea) nel caso specifico con raffreddamento del paziente a 28 gradi. Durante l’intervento è stata inoltre eseguita una riparazione della valvola aortica che presentava una moderata insufficienza dovuta ad una malformazione  congenita.

«L’intervento è durato complessivamente circa cinque ore, di cui tre in circolazione extracorporea mentre  il cuore è rimasto fuori dal torace per circa un’ora. Il decorso postoperatorio è stato complessivamente regolare con estubazione dopo sei ore - prosegue il dottor Gamba - La  scelta  della tecnica da utilizzare è stata difficile e sofferta, ma visto il risultato sembra sia stata una decisione giusta che ci ha permesso di raggiungere l’obiettivo prefissato di asportare completamente la neoformazione. A tutt’oggi il paziente è in buone condizioni».

L’equipe operatoria che ha eseguito l’intervento era composta dai cardiochirurghi  Amando Gamba e Giordano Tasca e dal cardioanestesista Pietro Carboni, mentre in decorso postoperatorio è stato coordinato dal responsabile della terapia intensiva dottor Angelo Vavassori. Oltre ai medici hanno attivamente collaborato alla riuscita dell’intervento i tecnici della circolazione extracorporea e il personale infermieristico della sala operatoria e terapia intensiva. Particolarmente utile è stata inoltre la collaborazione con i cardiologi per la diagnosi preoperatoria.

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