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Vinse la tappa del Giro ai Resinelli, ora confessa l'uso di doping

Ascesa e caduta di Matteo Rabottini, primo al traguardo della tappa lecchese nel 2012. "Sono finito all'inferno"

Era l'immagine più bella del ciclismo nel Lecchese degli ultimi anni, il Giro d'Italia che dopo lungo tempo tornava a ospitare un arrivo di tappa nel nostro territorio. Un ricordo ora sbiadito da una confessiona di doping e da una storia dai contorni drammatici.

20 maggior 2012, 15^ frazione della corsa rosa, Busto Arsizio-Piani Resinelli: in una giornata fredda e piovosa, l'allora 25enne Matteo Rabottini compie l'impresa e sul traguardo anticipa Jaocquim Rodriguez, che grazie a quel piazzamento conquista la maglia rosa.

Il pubblico lecchese è in delirio per un ragazzo acqua e sapone, in quel momento il volto bello del ciclismo. A distanza di tre anni, Rabottini finisce dalla gloriosa pioggerella dei Resinelli nel fango del doping: trovato positivo a un controllo a sorpresa il 7 agosto 2014, confessa di avere acquistato una fiala di Epo, e fa il nome del venditore. Viene squalificato per 21 mesi e condannato a pagare una sanzione di 91mila euro per riavere la licenza da corridore al termine della squalifica.

Una brutta storia di doping, purtroppo una delle tante nel mondo del ciclismo. A fare ancora più rumore, però, è l'intervista choc che Rabottini ha concesso alla Gazzetta dello Sport, organizzatrice del Giro d'Italia, lo scorso giorno dell'Epifania. Rabottini ha rivelato di essere finito all'inferno, abbandonato persino dai genitori e dalla moglie. "dopo il 2012 e la vittora al Giro, non ero più riuscito a tornare a quei livelli - le sue parole al quotidiano rosa - Volevo tornare a vincere. Una sola volta nella mia vita da corridore ho rischiato sapendolo di fare, e l'ho pagata. Devo pagare la multa all'Uci per la positività, farò un mutuo, non ho scelta. A che cosa mi è servito il doping? A niente, era solo disperazione. So che non sarà facile, ma spero ancora di tornare a correre. So che con le mie forze posso farcela".

Ripensare al suo sorriso, quel giorno di maggio di tre anni fa ai Piani Resinelli, mette i brividi. "Non so spiegarmi il perchè di tutto questo clamore - ha commentato il presidente della Fci Lecco Sandro Bonacina - Rabottini ha sbagliato e sapeva a cosa sarebbe andato incontro. E' davvero strano che la famiglia lo abbia abbandonato, dovrebbero essere i primi a sostenerlo nel momento di difficoltà. Forse c'è sotto qualcosa che non sappiamo. Comunque siamo dispiaciuti per l'ombra gettata su quella tappa, che fu un momento bellissimo per Lecco e che vide tante persone offrire il massimo impegno organizzativo".

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