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Della Bordella e Pasquetto rientrati dal tentativo alla parete Est del Cerro Torre

I due Ragni sono a El Chalten sani e salvi: per loro c'è ancora una sfida da affrontare, perché il tentativo di salita in stile inglese si è fermato a 80 metri dalla fine del grande diedro

Sono rientrati alla base sani e salvi i Ragni Matteo Della Bordella e Matteo Pasquetto dalla loro "missione" sul Cerro Torre, aprire una via in stile inglese.

Sfruttando la finestra di bel tempo che si è aperta nei primissimi giorni di febbraio, i due sono tornati sulla parete Est del Cerro Torre per un tentativo decisivo sul loro grande progetto, sul quale, sino a oggi, non si erano mai espressi esplicitamente, ma che ora Matteo Della Bordella chiarisce in questi termini: «Scalare in stile alpino la parete Est del mitico Cerro Torre, passando per una linea per noi così bella, elegante e dura che sarebbe difficile immaginare qualcosa di meglio, ovvero il lungo diedro che solca il lato destro della parete, anche conosciuto come Diedro degli Inglesi».

L'impresa di Burke e Proctor nel 79/80

Lungo questo caratteristico diedro si impegnarono infatti i britannici Philip Burke e Tom Proctor che, nell'estate australe del 1979/80, lo affrontarono con l'utilizzo di corde fisse e issando in parete il celebre box da bivacco che si trova ancora in loco. Nel loro tentativo i due arrivarono molto in alto, arrestandosi a circa 40 metri dalla cresta Ovest.

Ragni di Lecco: tutte le imprese in corso in Patagonia

«Una volta lasciato El Chalten - continua Della Bordella - davanti a noi avevamo una finestra di tre giorni di bel tempo, tuttavia, dopo le abbondanti nevicate, abbiamo dovuto "adattarci" ai ritmi della montagna per rendere più contenuti i rischi oggettivi di scariche di ghiaccio dai funghi sommitali. Così abbiamo passato il primo giorno a guardare la parete scaricare enormi blocchi di ghiaccio da ogni lato e abbiamo deciso di attaccare alle 10 di sera, quando le temperature si erano abbassate e il bombardamento era cessato. Dopo avere riscalato i tiri già saliti le volte precedenti, perché per scelta vogliamo scalare in stile alpino, senza usare corde fisse, abbiamo raggiunto la base del grande diedro alle 7 di mattina. Abbiamo fatto una piccola pausa prima di ripartire verso la volta di granito strampiombante che dà accesso al diedro vero e proprio. Per entrare nel diedro un tiro di artificiale su roccia marcia ci ha portato via mezza giornata dal momento che prima io ho sbagliato linea e sono dovuto ridiscendere, e poi il mio socio Matteo Pasquetto è salito dalla linea giusta. Provati dalla fatica dopo 24 ore dalla partenza dalle tende, abbiamo deciso di fermarci a bivaccare vicino al mitico "box" utilizzato dagli inglesi Burke e Proctor nel 1980 e il mattino dopo abbiamo proseguito scalando lungo il grande diedro che, di fatto, si è rivelato un mega camino, sempre verticale, con pareti avare di appigli e appoggi e una scalata grezza e faticosa su roccia talvolta compatta, talvolta friabile».

«Vedevamo lastre di ghiaccio volare sulle nostre teste»

«Dietro di noi vedevamo enormi scariche di ghiaccio passarci sopra la testa e schiantarsi direttamente sulle placche dove eravamo saliti la notte prima: uno spettacolo impressionante e spaventoso che potevamo goderci dal nostro diedro strampiombante e riparato. Abbiamo raggiungo un punto a circa 80 metri dalla fine del diedro stesso e alle 10 di sera, una volta abbassatesi le temperature e con la finestra che ormai si era già praticamente chiusa in anticipo sui tempi previsti, abbiamo iniziato la discesa notturna che ci ha riportato alla tenda alle 4 di notte. Un'avventura enorme: per me è stato come tornare ai tempi della Egger ma su una parete ancora più lunga e difficile e soprattutto senza le corde fisse. Per il mio socio Matteo Pasquetto è stato come per il giovane talento calcistico della primavera, trovarsi a giocare contro il Real Madrid in Champions League, e togliere le castagne dal fuoco in parecchi momenti critici. Torneremo. O quest'anno, visto che abbiamo ancora un pochettino di tempo a disposizione, o il prossimo con un'arma in più: ovvero Matteo Bernasconi».

Questi per ora gli aggiornamenti dei Ragni dalla Patagonia, in attesa di capire se il meteo consentirà ai due Matteo la possibilità di un nuovo tentativo o se tutto verrà rimandato al prossimo anno.

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