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"Pino Galbani, dall’orrore della guerra un messaggio di Pace"

Nel Natale di 7 anni fa moriva il lecchese reduce dal campo di concentramento di Mauthausen. Il ricordo della Cgil: "Decise di parlare dell'orrore vissuto per spronare tutti a non dimenticare e a non dare mai per scontati i valori di libertà e democrazia"

Nel Natale di 7 anni fa moriva Pino Galbani, lecchese reduce dal campo di concentramento di Mauthausen Gusen, dove venne deportato nel lontano 7 marzo 1944, e volto simbolo di valori irrinunciabili come diritti, democrazia e libertà. In occasione dell'anniversario della sua scomparsa, la Cgil di Lecco lo ricorda con una riflessione dal titolo: "Pino Galbani, dall’orrore della guerra un messaggio di Pace", che pubblichiamo di seguito.

Gli scioperi delle fabbriche lecchesi nel marzo 1944

"L’anniversario della scomparsa di Pino Galbani, avvenuta nel giorno di Natale del 2016, ci aiuta a ricordare gli 80 anni passati dagli scioperi delle fabbriche lecchesi nel marzo 1944, evento fondamentale per la riconquista della libertà del nostro Paese, ma soprattutto ci porta a riflettere sul nostro bisogno di solidarietà e pace in questi giorni attraversati da guerre e odi contrapposti".

Nel terribile contesto della guerra, nel marzo 1944, peggiorato dall’inasprimento dell’occupazione tedesca, dai licenziamenti per la mancanza di materie prime e dell’energia elettrica e dal pericolo di essere deportati al lavoro obbligatorio in Germania, si arrivò agli scioperi nelle fabbriche. La scintilla scoppiò il 1° marzo a Torino, mentre a Lecco la data stabilita per l’inizio delle agitazioni fu il 7. Alla Badoni, alla Bonaiti di Castello, alla File, all’Acciaieria del Caleotto, all’Arlenico gli operai entrarono negli stabilimenti attuando il cosiddetto 'sciopero bianco', cioè si stava in fabbrica ma non si lavorava. La reazione non si fece attendere, ma non furono i nazisti ad intervenire, bensì i fascisti.

I ricordi di Pino nella sua autobiografia "58881 - Un diciottenne nel lager di Mauthausen Gusen"

"Alle tre in punto, chiamati non so da chi, guidati dal capo dei fascisti di Como, tale Saletta, entrarono alla Bonaiti i questurini fascisti che ci chiesero: perché non lavorate? Arrestarono trenta operai, tra cui cinque donne di cui una incinta e li portarono legati alla stazione ferroviaria" -  ricorda Pino nella sua autobiografia 58881 - Un diciottenne nel lager di Mauthausen Gusen. Tra gli arrestati c’era un ragazzo di 17 anni, Giuseppe “Pino” Galbani, originario di Ballabio, operaio alla Rocco Bonaiti, che per lunghi 14 mesi subì gli orrori del campo di concentramento di Mauthausen fino alla liberazione nell’aprile del 1945.

Per lungo tempo non volle parlare dell’orrenda esperienza vissuta, poi, nella metà degli anni ‘90, decise di rompere questo doloroso silenzio e rendere pubblico il proprio passato, per spronare tutti noi a non dimenticare e a non dare mai per scontati i valori di libertà e democrazia. Iniziò ad andare nelle scuole, portando agli studenti la propria testimonianza di deportato; instancabile educatore, descriveva ai giovani la follia nazifascista ma recava con sé anche un messaggio di pace e fraternità fra gli uomini.

"È a voi giovani che lascio in eredità la libertà conquistata: godetevela e fatela rispettare"

Pino così concludeva gli incontri con i ragazzi delle scuole lecchesi: "Per un momento sono stato travolto da un sentimento di odio e di vendetta, ma ben presto ho capito che la gioia per essere sopravvissuto doveva bastare per tutto il dolore subito e la violenza sofferta. È quindi a voi giovani che lascio eredità la libertà conquistata, è vostra: godetevela e fatela rispettare, amatela e fatela amare, ma rispettate sempre i suoi confini. Vi auguro di ricostruire il mondo con l’amicizia e parallelamente con la pace: solo quando i popoli impareranno a essere amici, potremo e potrete avere la pace”.

Diego Riva: "Pino era una persona speciale, un amico e un compagno di lotte"

"Pino era una persona speciale, un amico e un compagno di lotte, e in suo onore abbiamo deciso di intitolargli la Sezione Anpi interna alla nostra Camera del Lavoro - ricorda Diego Riva, segretario generale della Cgil Lecco - Di ritorno dal campo di concentramento, come ricordava lui stesso, avrebbe potuto vendicarsi di chi lo fece arrestare e deportare, ma decise di non farlo perchè sarebbe stato un errore allungare la catena dell’odio. Il nostro auspicio per l’anno che sta per cominciare è che lo stesso messaggio di Pace venga compreso dai governanti internazionali, affinchè questi promuovano la diplomazia e il dialogo tra le parti in causa in tutti gli scenari di guerra".

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