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Domenica, 28 Aprile 2024
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È il 23 agosto 1923: nasce Giancarlo Puecher, partigiano, martire della libertà e prima medaglia d’oro della Resistenza

Centenario della nascita di Giancarlo Puecher, fucilato a 20 anni dai fascisti nel 1943 a Erba perché impegnato nella Resistenza. Morì invocando la Patria e il perdono per i suoi carnefici. Fu insignito della medaglia d'oro: la prima, subito dopo la Liberazione

Cento anni fa nasceva Giancarlo Puecher, partigiano, fucilato dai fascisti il 21 dicembre 1943. Giancarlo Puecher Passavalli, partigiano cristiano, nasceva un secolo fa, il 23 agosto 1923, a Milano. Il padre Giorgio era uno stimato notaio di origini trentine: liberale e antifascista. Nell’estate del 1943 dovette trasferirsi con la famiglia in Brianza, a Lambrugo.

Da sinistra il piccolo Giancarlo Puecher, la madre Anna Maria, il fratello Virginio e il padre Giorgio, credito fotografico: centropuecher.it-2

Subito dopo la caduta del fascismo e in seguito all’armistizio, di fronte all’occupazione tedesca e all’usurpazione della Repubblica sociale di Mussolini, Giancarlo non esitò a passare all’azione, animato da spirito patriottico e da desiderio di libertà. Confidatosi con i sacerdoti che in zona già sostenevano la Resistenza, anche Puecher si fece partigiano, organizzando un gruppo di altri giovani come lui e portando a compimento atti per lo più dimostrativi, di disturbo e di sabotaggio, nei confronti dei nazifascisti. La sera del 12 novembre 1943 lui e l’amico Franco Fucci incapparono in un posto di blocco di militi repubblichini, nei pressi di Ponte Lambro: essendo in possesso di volantini antifascisti e di materiale esplosivo, il compagno tentò la fuga, rimanendo ferito. Puecher fu condotto in carcere a Como, dove presto furono rinchiusi altri partigiani del gruppo. Anche suo padre venne arrestato, colpevole “solo” di essere contrario al regime e di non aver saputo “educare” il figlio:deportato nei lager nazisti, Giorgio Puecher morirà di stenti a Mauthausen il 17 aprile 1945. La situazione già drammatica per Giancarlo precipitò il 20 dicembre 1943, dopo l’attentato a uno squadrista di Erba. I repubblichini decisero di condannare a morte Giancarlo Puecher.

L'ultima foto di Giancarlo Puecher a vent'anni, credito fotografico: centropuecher.it-2

Al frate che lo confessò, Puecher consegnò una lettera per la sua famiglia, in cui si legge: «Muoio per la mia Patria. Ho sempre fatto il mio dovere di cittadino e di soldato Spero che il mio esempio serva ai miei fratelli e compagni… L’amavo troppo la mia Patria: non la tradite, e voi tutti giovani d’Italia seguite la mia via e avrete il compenso della vostra lotta ardita nel ricostruire una nuova unità nazionale». E infine: «I martiri convalidano la fede in una vera idea. Ho sempre creduto in Dio, e perciò accetto la sua volontà».

Giancarlo Puecher

Giancarlo Puecher venne fucilato a soli vent’anni nel cimitero nuovo di Erba il 21 dicembre 1943. Fu insignito della medaglia d'oro al valor militare alla memoria, la prima, subito dopo la Liberazione.

Il presidente Anpi regionale della Lombardia, Roberto Cenati

Ricordo di Giancarlo Puecher

Onorificenze: Medaglia d'oro al valore militare

«Patriota di elevatissime idealità, scelse con ferma coscienza dal primo istante la via del rischio e del sacrificio. Subito dopo l’armistizio attrasse, organizzò, guidò un gruppo di giovani iniziando nella zona di Lambrugo, Ponte Lambro, il movimento clandestino di liberazione ed offrendo la sua casa come luogo di convegno. Con l'esempio personale fortificò nei compagni la fede nell’azione che essi dovevano più tardi proseguire in suo nome. Presente e primo in ogni impresa gettò nella lotta tutto se stesso prodigandovi le risorse di una mente evoluta e di un forte fisico, ed associando all’audacia un particolare spirito cavalleresco. Braccato dagli sgherri fascisti, insidiata la sicurezza della sua famiglia, non desistette. Incarcerato con numerosi suoi compagni e poi col padre, d’accordo con questi rifiutò la evasione per non allontanarsi dai compagni di fede e di sventura. Condannato a morte dopo sommario processo, volle essere animatore sino all’estremo, lasciando scritti di ardente amor patrio e di incitamento alla continuazione dell’opera intrapresa. Trasportato al luogo del supplizio, chiese di conoscere il nome dei suoi esecutori per ricordarli nelle preghiere di quell’aldilà in cui fermamente credeva, e tutti i presenti abbracciò e baciò, ad ognuno lasciando in memoria un oggetto personale, pronunciando parole nobilissime di perdono e rincuorando coloro che esitavano di fronte al delitto da compiere. Cadde a vent’anni da apostolo e da soldato, sublimando nella morte la multiforme e consapevole spiritualità che aveva contraddistinto la sua azione partigiana.»

Erba, 9 settembre - 23 dicembre 1943

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