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La bottega di Valentino, dove il valore artigiano è sinonimo di inclusione

Il calolziese Riva (in arte V7) da 25 anni ha un'attività di legatoria e da 10 insegna il mestiere a ragazzi autistici: "Ottimi risultati, è giusto credere nel lavoro che fa bene"

L'artigianato rappresenta un valore aggiunto non solo per il mondo del lavoro, ma anche per l'inclusione. Un esempio concreto arriva da Calolziocorte, città in provincia di Lecco dove Valentino Riva è titolare di una bottega di legatoria da 25 anni e da quasi 10 ha deciso di aprire le porte della propria attività anche a ragazzi autistici dimostrando che il lavoro può aiutare a superare ogni barriera. Soprattutto se quel lavoro è caratterizzato dal "valore artigiano" e dal desiderio di tramandare mestieri di ieri e di oggi guardando anche al sociale. Oggi con Valentino - 45 anni, in arte V7 - lavorano Andrea Perego di Osnago e Daniela Gualtieri di Lecco, ma in passato anche altri ragazzi sono entrati nella legatoria di via Galli per toccare con mano come si rilega un volume, si stampa un carattere o si crea una copertina.

Nei giorni scorsi Valentino, Andrea e Daniela hanno portato alcuni dei loro lavori alla Mostra dell'Artigianato di Erba proponendo una serie di laboratori molto apprezzati dal pubblico. Siamo andati a trovare Riva e l'amico Andre - come lo chiama il suo "capo" - proprio in bottega per farci raccontare risultati e progetti di questo artigianato sociale. Ad accoglierci anche il cane Luna che completa il team della bottega calolziese.

Valentino, com'è iniziato questo progetto di artigianato sociale?

"Ho avviato la mai attività di legatoria nel 1997. Poi, circa 10 anni dopo è scattato qualcosa in me... ho deciso di unire il mio percorso di studi come dirigente di comunità al mio lavoro, coniugando l'aspetto sociale che mi appassiona fin da giovane a quello materiale della produzione, animato dal desiderio di provare a insegnare qualcosa a qualcuno. Credo poi che i mestieri debbano essere tramandati, perchè se non vengono tramandati purtroppo svaniscono. E cosa c'è di meglio che insegnarli a qualcuno che ha bisogno e desiderio di apprendere? Ho così pensato a ragazzi più fragili e rivolgendomi agli enti competenti ho iniziato ad aprire la bottega ai primi allievi con qualche difficoltà".

Il primo è stato proprio Andrea, da te chiamato Andre. Tra voi è nata anche una vera amicizia, testimoniata dal fatto che è diventato padrino di tuo figlio...

"Sì, è così. Con Andre ci siamo conosciuti nel 2012, poi ha iniziato a lavorare qui in bottega l'anno dopo. Questo percorso di artigianato sociale è poi diventato una storia duratura dimostrandosi un'esperienza molto utile per tutte le persone coinvolte, compreso il sottoscritto. Certo, soprattutto all'inizio non è stato facile. I primi progetti avevano un po' le gambe fragili. Quindi nel 2014 è scaduto il primo percorso concordato e Andre è tornato a casa. Ma non mi sono arreso, abbiamo pianificato nuovi percorsi e nel 2015 è ritornato. C'è bisogno di un po' di ottimismo, bisogna credere nelle scelte che si ritengono giuste, ed ora eccoci qui".

Negli anni successivi com'è proseguito il progetto?

"Dopo Andrea sono venute in legatoria anche due ragazze, poi un altro giovane apprendista e adesso stabilmente da 3 anni c'è una donna, Daniela Gualtieri di Lecco, 43 anni, in precedenza assunta in una cooperativa poi chiusa. Dopo la collaborazione con la Provincia, con lei abbiamo attivato un percorso diverso, una prima collaborazione con i Servizi sociali del Comune di Lecco. Si tratta di un canale nuovo che ora vorrei provare a percorrere anche con altre realtà comunali. I nostri tirocini sono abbastanza duraturi, dai 9 ai 18 mesi, eccetto Andre che è praticamente è in 'adozione lavorativa', lui è ormai il mio braccio destro".

Valentino e Andrea in bottega

Come potrebbe essere definito (o spiegato) l'artigianato sociale?

"Secondo noi l'artigianato sociale è un artigianato che non solo fa, ma fa bene. Nel senso che fa del bene. Siamo abituati a pensare al lavoro come a un qualcosa di concreto rivolto solo alla produzione. Intendiamoci, il risultato economico è importante, ma con questa nostra piccola scommessa cerchiamo di andare anche un po' oltre. Credo sia giusto permettere a tutti di imparare un mestiere, di avere un'occupazione e un ruolo nella società. Significa dare una gratificazione, un'opportunità di credere in se stessi e di fare - come nel nostro caso - un piccolo passo oltre l'autismo, oltre le difficoltà, per uscire allo scoperto e confrontarsi con il mondo e con quello che ne comporta".

In che modo viene insegnato il mestiere?

"Il nostro metodo è: io ho insegnato a lui, lui insegna alla persona che arriva arriva dopo di lui. Ora Daniela impara direttamente da Andre. Ok, io ci metto bocca perchè sono qui e conosco quello che c'è da fare. Ma ora posso dedicare più tempo all'attività lavorativa in senso stretto e la parte formativa viene svolta più dai ragazzi stessi. Anche perchè, soprattutto in questo periodo economicamente difficile, c'è bisogno di produrre ancora di più. Dani ha già imparato alcune nozioni e presto arriverà il momento in cui sarà lei a insegnare a qualcun'altro".

Avete parlato di artigianato anche ad alcune scuole del territorio? 

"Sì, stiamo portando avanti un percorso iniziato negli anni precedenti, in particolare con l'istituto Parini di Lecco. A una decina di studenti stiamo spiegando da zero come da semplici fogli di carta si arriva a un libretto finito. In 8 incontri sono loro a rilegarlo e a metterci la copertina, un percorso semplice. Non facciamo chissà cosa, ma nell'arco di due mesi cerchiamo di insegnare ai ragazzi a prendere confidenza con la carta".

Quali sono stati i momenti più difficili e quali le soddisfazioni più grandi?

"Oltre alle difficoltà iniziali poi superate, il momento più difficile lo abbiamo vissuto durante il covid. Purtroppo nel 2020 si era fermato tutto, poi piano piano abbiamo ripreso le attività anche con le scuole. La bottega durante la pandemia non si è mai fermata, se non durante il primo lockdown. Andre e Daniela sono invece rimasti fermi oltre 3 mesi. Ci collegavamo online per tenere vivo il lavoro di squadra, e abbiamo insistito per poter riprendere il prima possibile, perché soprattutto per i ragazzi autistici quell'isolamento era devastante. Per noi era difficile, figuratevi per loro. Alla fine ce l'abbiamo fatta. Daniela non ci credeva più: 'Sei sicuro che mi rivuoi?' mi diceva... Poi, passati 4 mesi siamo ripartiti, insieme... Le soddisfazioni invece sono tante. In termini di risultati di lavoro, di amicizia, di insegnamento di un mestiere che, come dicevo all'inizio, vorrei tanto possa essere sempre tramandato".

Andrea e Valentino con il libro appena pubblicato. Il racconto del lavoro fatto, con un tocco di ironia

Andrea, come sta andando questa tua esperienza in bottega?

"Bene, sono molto contento di questo lavoro. All'inizio non ci credevo. Pensavo di finire con quel tirocinio durato due mesi nel 2013. Invece, quando poi sono tornato in bottega per un'attività più duratura negli anni ho capito che potevo farcela, che potevo continuare a misurarmi in qualcosa di concreto e questo mi ha fatto molto piacere. Cosa faccio in una giornata tipo? Ciò che serve. Se ci sono libri da cucire si cuce, se ci sono numerazioni di pagine da controllare si controllano e si completano. E poi ancora decorazioni, rilegature, stampe. Senza dubbio è un lavoro che mi piace molto, e posso dire di aver imparato tanto".

Cosa avete fatto alla Mostra di Erba, qual è il bilancio?

"Anche in questo caso è stata un'esperienza molto positiva. Ci hanno chiesto di proporre dei laboratori di artigianato sociale, così abbiamo mostrato piccoli rudimenti di legatoria. Eravamo io e Daniela in due postazioni a spiegare ai visitatori come si prepara un libro, mentre Vale ci aiutava a parlare con gli interessati. C'era tantissima gente. Abbiamo anche presentato un librettino un po' ironico fatto completamente da noi: scritto, edito e rilegato in bottega".

E proprio Valentino ci ha parlato infine di questo libretto e dei prossimi obiettivi del suo laboratorio di artigianato sociale. "In questo momento c'è bisogno anche di sorridere un po'. Nel libretto abbiamo raccolto soprattutto gli strafalcioni, le battute, gli errori fatti durante il lavoro in bottega. Partendo da questi arriviamo poi a palare di quello che stiamo facendo. Per il futuro vorrei insistere in questa direzione, coinvolgendo altre realtà come enti locali, scuole e associazioni per parlare a più persone possibili del valore artigiano e dell'inclusione".

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