Storie di Resistenza: Il rastrellamento d'Erna
Nel corso della seconda guerra mondiale i Piani d’Erna furono terreno di scontro tra partigiani e nazifascisti nella lotta alla Resistenza
La storia dei Piani d’Erna non si limita alla realtà d’alpeggio e risorsa per legname per i carbonari dal 1500 o per l’estrazione del ferro; durante la seconda guerra mondiale fu infatti terreno di scontro tra partigiani e nazifascisti nella lotta alla Resistenza. Una lapide sulla facciata della chiesa, consacrata nel 1761, ricorda ancora oggi la morte di due partigiani. Infine per una rappresaglia nazista i Piani vennero messi a ferro e fuoco sempre durante la seconda guerra mondiale.
Il rastrellamento d'Erna:
Nel corso della seconda guerra mondiale in seguito al proclama di armistizio dell'8 settembre 1943 nella località dei Piani d'Erna iniziarono a costituirsi i primi gruppi di opposizione armata che decisero di opporsi all’invasione tedesca e alla neonata Repubblica Sociale Italiana.
Più che sul piano militare, però, le azioni condotte da questi gruppi autonomi acquisirono una grande importanza dal punto di vista simbolico: per la prima volta, infatti, qualcuno si opponeva in armi alle forze nazifasciste e dopo nemmeno un mese di attività partigiana, i tedeschi furono costretti ad attaccare il Pizzo d’Erna, supportati dall’artiglieria e da tremila Alpenjager, i Cacciatori delle Alpi austriaci, divisi in quattro colonne provenienti dalle quattro direttrici principali che conducevano in Erna.
Le operazioni di rastrellamento iniziarono tra il 16 e il 17 ottobre 1943 e si distinsero in due momenti specifici: il primo, durato fino al 18 ottobre, registrò l’occupazione della Valsassina, con la chiusura di tutti gli sbocchi delle vallate minori che scendevano verso il lago; il secondo, invece, corrispose agli scontri avvenuti presso la Capanna Stoppani, a Campo de’ Boi e al Pizzo d’Erna tra il 18 e il 20 ottobre.
Nel pomeriggio del 18 ottobre 1943 le SS tedesche occuparono contemporaneamente tutti i quattro versanti del Pizzo d'Erna. Nella marcia d’avvicinamento al Pizzo, i partigiani del rione di Bonacina furono catturati dai tedeschi e costretti a portare le loro munizioni. Arrivate ai piani d’Erna, le SS si accanirono contro baite e cascine, distruggendo a colpi di bombe a mano e mitraglia gran parte dei fienili che nascondevano viveri e armi, danneggiando seriamente anche la piccola chiesetta e la statua della Madonna al suo interno. Il violento scontro terminò con la distruzione pressoché totale delle baite e di tutti i punti d’appoggio usati dalle prime formazioni partigiane.
I pochi partigiani rimasti ai Piani d’Erna, non avendo i mezzi adatti per rispondere all’offensiva tedesca, compresero di essere stati accerchiati dal nemico e la fuga sembrò ormai essere compromessa, visto che tutti i versanti del monte erano sbarrati. Restarono sul luogo soltanto alcuni prigionieri francesi, slavi e russi, che si trovarono ad affrontare le truppe tedesche.
Il bilancio fu tragico: due ex prigionieri alleati caduti a Erna, un francese e un rumeno, un civile di Primaluna, mentre quattro partigiani furono catturati: due ex soldati catturati e fucilati a Germanedo (Lecco, sono Puppato e Valsecchi); altri due militari ignoti sono sepolti nel cimitero di Acquate (Lc). I partigiani sopravvissuti al rastrellamento fuggirono a Santa Brigida, in Val Brembana, proseguendo una serie di azioni volte alla resistenza.