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Domenica, 28 Aprile 2024
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"Pesanti tagli alle pensioni", anche da Lecco in piazza a Roma

La protesta dello Spi Cgil: "Basta usare gli anziani come bancomat"

"La revisione da parte del Governo del meccanismo di adeguamento delle pensioni al costo della vita, la
cosiddetta perequazione, si traduce in tagli pesantissimi sugli assegni superiori a 4 volte il trattamento
minimo, circa 1.700 euro netti. Una decisione che toglierà dalle tasche dei pensionati italiani 60 miliardi di
euro da qui al 2032". Lo dichiarano i portavoce del sindacato pensionati della Cgil definendo la scelta del governo un provvedimento inaccettabile. Per questo lo Spi Cgil tornerà nuovamente in piazza a Roma con una manifestazione nazionale dal titolo emblematico "I conti non tornano. Ci avete rotto le tasche". L'iniziativa si terrà venerdì 15 dicembre e anche da Lecco partirà una delegazione per unirsi alla protesta. Non solo la perequazione, sono diversi infatti i temi al centro della protesta.

Mille persone in strada a Lecco: c'è lo sciopero generale

"Nonostante gli slogan infatti, il Governo non soltanto non ha cancellato la Riforma Monti Fornero, ma ne ha peggiorato le condizioni, azzerando nei fatti le già insufficienti forme di flessibilità in uscita - spiega Pinuccia Cogliardi, segretaria generale dello Spi Cgil Lecco - Per non parlare dei tagli alla sanità e alla non autosufficienza. Siamo al fianco di chi vede sempre più allontanarsi il momento della pensione e ha compreso come alcune promesse elettorali in realtà fossero solo propaganda. È necessario individuare meccanismi flessibili di uscita dal lavoro che tengano conto del tipo di attività svolta, oltre che dei differenti percorsi lavorativi e delle condizioni personali e familiari. Una discussione seria e attenta alle trasformazioni in corso in una società con una popolazione destinata a essere sempre più anziana, come dicono tutte le ricerche demografiche, e che presenta vecchie e nuove fragilità”.

Pinuccia Cogliardi: "Serve un assegno pensionistico adeguato al costo della vita"

"Ma il tema che noi pensionati stiamo mettendo al centro della mobilitazione - prosegue Cogliardi - è il
diritto ad avere un assegno pensionistico adeguato al costo della vita, salvaguardando così il potere d’acquisto degli anziani. Un principio basilare improvvisamente messo in discussione e stravolto senza neppure un minimo confronto. Un assegno pensionistico che non è una concessione. Ma il risultato di anni e anni di lavoro e di tasse pagate fino all’ultima lira e poi euro. Una vita di lavoro e di contributi versati in rapporto allo stipendio percepito, nulla di meno".

"In questi giorni - aggiunge la segretaria generale dello Spi lecchese - c’è chi sta provando a far passare l’adeguamento delle pensioni all’inflazione, ovvero la perequazione, come un aumento delle pensioni. Non è così, non è una concessione. Si tratta di un meccanismo automatico, e in un momento come questo in cui l’inflazione sta mettendo in crisi molti bilanci familiari, è inaccettabile che il Governo abbia forzatamente e senza mediazione alterato il calcolo delle rivalutazioni".

I numeri che emergono dallo studio del Dipartimento previdenza del sindacato

Nel dettaglio, secondo i calcoli del Dipartimento previdenza della Cgil e dello Spi, chi percepisce una pensione netta di 1.786 euro perderà nel biennio 2023-2024 la somma di 585 euro. Chi prende 2.095 euro di pensione netta, nello stesso periodo si ritroverà sul conto 2171 euro in meno. Ciò si traduce in una perdita netta media, durante l’intero periodo della pensione, nel primo caso di tra i 6 e i 8 mila euro, nel secondo caso tra i 24 e i 28 mila euro, fino ad arrivare a 36 mila euro per gli assegni più elevati.

"Ci opponiamo fermamente a questa logica - conclude Cogliardi - Basta usare le pensioni come bancomat per mettere a posto i conti dello Stato! Questa operazione permetterà, a spese dei pensionati, un risparmio per le casse dell’Inps di 3,5 miliardi nel 2023 e di 6,8 miliardi nel 2024. Tagli che resteranno per tutta la durata della nostra vita, mentre in alcuni paesi europei dopo i 75 anni si è esonerati dal pagare le tasse perché viene riconosciuto che l’anziano ha più spese di cura, basti pensare alle rette in Rsa".

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