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Da Lecco a Venezia di corsa: "Il segreto è premiarsi dopo i momenti di difficoltà"

L'olginatese Roberto Crippa racconta l'ultratrail di 285 chilometri conclusa una settimana fa. "Durante le crisi cercavo di correre 10 km alla volta e concedermi una pausa di 10 minuti. Occorre grande forza mentale"

Ha affrontato 285 chilometri di corsa, da solo, di giorno e di notte, da Lecco a Venezia. Un'impresa folle e visionaria. Roberto Crippa, olginatese di professione giornalista, ha raccontato le emozioni vissute durante l'originale percorso di ultratrail al collega e youtuber Stefano Bolotta, nel video che proponiamo sopra. Ecco la trascrizione dell'intervista.

Come è nata questa idea folle?
"Nasce dalla corsa precedente, la Lecco-Genova di 203 km. Allora il filo conduttore era andare in marcia veloce partendo dal nostro lago e arrivare sulla riviera ligure. Nel corso del tempo l'idea si è sviluppata: affrontare un percorso più lungo, partendo sempre dalla Canottieri ma giungendo al Mare Adriatico".

Qual è stato il momento più duro?
"Sono partito giovedì sera alle 18, direi che dalle 22 di quel giorno fino alle 10 del venerdì mattina ho avuto le crisi più importanti. Ho faticato molto a bere e mangiare. Sapevo che sarebbero arrivate, ma non pensavo di questa entità. Per fortuna poi le ho superate con mia piacevole sorpresa, la cosa è progressivamente migliorata fino a recuperare la media".

Cosa passa per la testa di un ultratrailer durante la corsa?
"In queste 68 ore i momenti per riflettere sono numerosi, sicuramente il lavoro psicologico che sta dietro queste corse estreme è particolare. Se accompagnato dalla passione consente di motivarsi di continuo. Si calcolano medie, si cerca di godere dei chilometri percorsi e la prospettiva di quelli che mancano. Quando ho affrontato le crisi il mio metodo era cercare di affrontare 10 chilometri e poi premiarmi con dieci minuti di sosta, che dedicavo a un microsonno, alla cura personale o alla sistemazione dell'equipaggiamento".

Hai dovuto contrastare un caldo fuori stagione...
"Sembrava metà agosto. Quando sono arivato nella campagna veronese e vicentina il caldo era insopportabile. Sono state sfiorate temperature di 30° C; in quella fase ci vogliono pazienze e costanza. Non essendoci piante né alberi è difficile anche conservare l'acqua, che viene scaldata da una parte dal sole e dall'altra dalla temperatura corporea di 38° C per lo sforzo".

Come ci si alimenta?
"Sicuramente con integratori e barrette, però con l'andare del tempo mi sono reso conto che l'alimentazione naturale, semplice, calcolata e nutriente dà molto a livello psicologico. Quando si è in difficoltà sentire il profumo di un panino o di un cibo che si conosce premia molto. Sono arrivato alle porte di Verona alle 4.30 del mattino. Procedevo verso il centro e lì ho capito di avere superato definitivamente la crisi di alimentazione. Ho percepito il profumo delle brioche appena sfornate, così sono entrato in un bar e ho divorato in un boccone un cornetto alla crema e un cappuccino, concedendomi un piccolo sgarro".

Cosa hai provato quando sei arrivato a Venezia?
"È stato uno dei momenti più appaganti. Vedere le facce di chi ha creduto in questa sfida in una cornice celebre come piazza San Marco è impagabile".

Quali sono i tuoi prossimi obiettivi?
"Questa corsa, come le precedenti, ha richiesto un anno di preparazione. Vorrei prendermi un momento di stacco e dedicarmi alla famiglia. Poi, si vedrà".

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